La nostra Carta era stata approvata il 22 dicembre 1947 dall’Assemblea Costituente eletta l’anno precedente ed entrò in vigore il 1° gennaio di settanta anni fa.
Da settanta anni la vita politica della Repubblica italiana è regolata dalla Costituzione approvata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, promulgata il 27 e entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Tutti riconoscono che è un’ottima costituzione. Non concessa da un sovrano, ma votata, pensata e scritta da un’Assemblea eletta nel referendum istituzionale del 2 giugno a suffragio universale; finalmente anche le donne ebbero il diritto di voto.
È il risultato di una volontà politica e frutto di un equilibrio tra le forze politiche, sociali e spirituali che animavano la parte migliore degli italiani dopo una guerra civile e di liberazione dall’occupazione nazista.
Per capire la vera natura e la sostanza del nostro testo costituzionale, steso in 139 articoli e 18 disposizioni transitorie e finali, il modo più valido è quello dell’inquadramento storico, in un duplice processo: a lungo termine, dentro il movimento di pensiero e di istituzioni che ha portato le società politiche dallo stato assoluto a quello costituzionale prima e democratico poi.
Il secondo processo, a breve termine, ha portato gli Italiani a reagire alla dittatura con la Resistenza antifascista e con la condanna dell’indegno istituto monarchico. Questa nostra Repubblica, meditata e consapevolmente voluta, uscita dalla ragione e dal buon senso popolare, si è data subito lo strumento principale per avviare il suo cammino, anche se subentrarono alcuni compromessi rispetto alla speranza e la fede iniziali.
I membri dell’Assemblea Costituente eletti nella circoscrizione Pisa, Livorno, Lucca, Apuania
Le nuove regole elettorali per le elezioni del 2 giugno 1946 dividono l’Italia in circoscrizioni. La XVI comprendeva le province di Pisa, Livorno, Lucca e Apuania, come la provincia di Massa Carrara era stata denominata dal governo fascista. Il collegio aveva 1.139.817 abitanti e i deputati da eleggere all’assemblea Costituente erano 15, il quoziente elettorale era 40.904. Arrivarono ad essere eletti 13: 5 della Democrazia Cristiana (213.046 voti), 4 del Partito Comunista Italiano (185.242 voti), 1 del Partito Repubblicano (58.663 voti), 3 del Partito Socialista di Unità Proletaria (132.095 voti). Nessun eletto per Unione Democratica Nazionale, Cristiano Sociali, Blocco Nazionale delle Libertà, Concentrazione Democratica Repubblicana, Fronte dell’Uomo Qualunque. Per la DC furono eletti Giovanni Gronchi, che sarà più volte ministro e poi presidente della Repubblica, aveva insegnato a Massa, Giuseppe Togni, Giovanni Carignani, Armando Angelini, di Seravezza residente a Massa, Loris Biagioni. Per il PCI Aladino Bibolotti di Massa, Ilio Barontini, Gino Baldassari, Italo Bargagna. Per PSIUP Edgardo Lami Starnuti di Pontedera che abitò a Carrara e vi fu sindaco, Giuseppe Emanuele Modigliani, Gianmatteo Matteotti. Per il PRI Randolfo Pacciardi. Della Commissione ristretta dei 75 membri, scelti col compito di preparare un progetto di costituzione poi discusso in seduta plenaria, fece parte Leonetto Amadei sociliasta di Pietrasanta. Nel collegio unico nazionale furono eletti coi “resti” dei voti Carlo Sforza repubblicano, di Montignoso già ministro con Giolitti e Nitti, costretto all’esilio sotto il fascismo, poi alto commissario per l’epurazione e sanzioni contro il fascismo. A Poveromo presso Massa aveva casa Piero Calamandrei, fiorentino del Partito d’Azione, storicamente riconosciuto per larga parte estensore del testo, ben consapevole che la Costituzione era “in parte una realtà e in parte ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere”, come cita Paolo Bissoli presidente dell’ISRA presentando il libro “Bibolotti padre costituente” della collana di saggi di storia contemporanea editi a cura dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana.
L’identità culturale e civile della nuova Italia è già tutta nei primi 12 articoli che consacrano i principi fondamentali della Repubblica democratica fondata sul lavoro e con sovranità del popolo, che la deve esercitare “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (niente populismi antisistema). Sono affermati i diritti inviolabili delle persone, insieme ai loro doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Nessuna autorità può negare: pari dignità e uguaglianza di tutti, diritto al lavoro, autonomie locali nell’Italia “una e indivisibile”, tutela delle minoranze linguistiche, Stato e Chiesa indipendenti e sovrani ciascuno secondo i Patti Lateranensi, libertà di organizzarsi delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, sviluppo della cultura e della ricerca, tutela del paesaggio, ripudio della guerra di offesa o per risolvere controversie internazionali.
Segue la Parte I che specifica i diritti e i doveri: inviolabilità della libertà personale e del domicilio, segretezza della corrispondenza, libertà di soggiorno, di pensiero, di stampa senza censure, di riunione purché pacifica e senza armi, responsabilità penale personale, centralità della famiglia con parità dei coniugi e dei figli, tutela della salute, libertà dell’arte e della scienza, scuola aperta a tutti, riposo settimanale e ferie, retribuzione proporzionata a quantità e qualità del lavoro, iniziativa economica privata libera, tutela del risparmio, progressività del sistema tributario.
Gli articoli della Parte II specificano l’ordinamento della Repubblica, in parte sono stati riformati e altri lo richiedono nei grandi cambiamenti intervenuti nella società italiana e mondiale e per la necessità di rendere più efficiente la labirintica burocrazia, grosso male dell’Italia insieme ai suoi “misteri”.
I 556 Costituenti eletti, tra cui solo 21 donne, seppero far dialogare idee politiche e giurisdizionali e trovarono equilibrio e sintesi tra l’idea liberale, socialista e del cristianesimo sociale; disegnarono una società futura con separazione tra i tre poteri (o funzioni) dello Stato democratico: quello esecutivo del Governo del presidente del Consiglio e dei suoi ministri, quello legislativo del Parlamento con due Camere in assoluta parità, quello giurisdizionale, autonomo che emette sentenze “in nome del popolo italiano”.
A garanzia della conformità delle leggi alla Costituzione c’è la Corte Costituzionale. Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità dello Stato.
(Maria Luisa Simoncelli)