A Sessant’anni da una tragedia annunciata
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa del 60° anniversario del disastro del Vajont.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa e Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Il 9 ottobre 1963 milioni di italiani erano riuniti davanti la televisione per assistere alla partita di Coppa dei Campioni che aveva come protagonista la squadra del Real Madrid. Così era anche a Longarone: una serata come tante altre fino alle ore 22,39, l’ora di un disastro che sconvolse tutto un territorio a monte e a valle della diga, appena costruita, del Vajont, fiore all’occhiello dell’ingegneria e della capacità costruttiva italiane nel settore idroelettrico.
Il muro di cemento, infatti resse all’urto tremendo – la diga ancora oggi si erge maestosa e minacciosa all’interno della stretta valle che prende il nome dal torrente che la percorre – ma nulla poté contro le tre onde gigantesche generate dall’impatto della frana di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e terra precipitata dal monte Toc nel bacino artificiale.
Le prime due causarono gravi danni e morti nel comune di Erto e Casso ma la devastazione maggiore la causò la terza onda che, scavalcando la diga, riversò 25 milioni di metri cubi di acqua nella valle sottostante, spazzando via quasi completamente la città di Longarone e altre comunità limitrofe.
Si stima che in 4 minuti di un’onda d’urto valutata due volte più grande di quella originata dalla bomba atomica di Hiroshima sia siano morte (non contando i dispersi) 1910 persone (487 bambini).
Tutti oggi sono d’accordo che si sia trattato di una ‘tragedia annunciata’ – ed evitabile, almeno in termini di costi di vite umane -, causata dall’errore umano, e dalla sete di guadagno. Si parla di interessi economici e politici, di controlli geologici superficiali, di competenze architettoniche inadeguate.
Del disastro del Vajont resta in piedi solo la diga, che rimane immobile al suo posto, simbolo delle colpe dell’uomo.

Longarone: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella depone una corona di fiori al cimitero monumentale “Vittime del Vajont”
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa e Comunicazione Presidenza della Repubblica)

Lunedì scorso,  9 ottobre, a sessant’anni esatti dal quel giorno, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato i luoghi del disastro, rendendo omaggio alle vittime nel Cimitero monumentale del Vajont, a Fortogna, nel comune di Longarone: “immenso sacrario a cielo aperto, ha detto, che si accompagna al Cimitero mausoleo nazionale”.
Ha quindi invitato a riflettere: “La frana, la sparizione nel nulla di un ambiente, di un territorio, di tante persone. La cancellazione della vita. Sono tormenti che, tuttora – sessant’anni dopo – turbano e interrogano le coscienze. Le Nazioni unite hanno classificato questo evento come uno dei più gravi disastri ambientali della storia provocati dall’uomo. Per questa ragione, il 9 ottobre, è stato indicato dal Parlamento ‘Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’uomo’”.
“La tragedia che qui si è consumata, ha aggiunto, reca il peso di gravi responsabilità umane, di scelte sbagliate che venivano denunziate, da parte di persone attente, anche prima che avvenisse il disastro. Assicurare una cornice di sicurezza alla nostra comunità significa saper apprendere la lezione dei fatti e sapere fare passi avanti”.
“Il campanile della chiesa di san Tommaso apostolo, oggi restaurato, ha infine ricordato, appare, nella sua solitudine, quasi simbolo della resilienza di questi luoghi e della sua gente”.