Ucraina: da Odessa partito il primo carico di grano

Dura presa di posizione dei vescovi ucraini sulla strage di prigionieri a Olenivka

Uno scorcio del porto di Odessa

Perse le aperture dei giornali, non per questo la guerra avviata da Putin con l’invasione dell’Ucraina ha smesso di causare vittime e distruzioni. A farne le spese è soprattutto la nazione aggredita, specie, ma non solo, nelle zone che la Russia ha deciso di voler portare sotto il proprio controllo.
Sono continue, quindi, le notizie di bombardamenti e di avanzate dei russi, sia pure rallentati dalla opposizione dell’esercito di Zelensky, unite a quelle di un sempre maggior numero di civili uccisi o feriti dalle bombe lanciate contro gli obiettivi più disparati. A queste si alternano notizie di riconquista di parti dei territori già caduti sotto il controllo di Putin, non si sa a quale prezzo di vite umane. Dal palcoscenico della guerra sono di fatto scomparsi gli accenni alla possibilità di contatti che possano avviare tentativi concreti di porre fine alle ostilità.
Lunedì 1 agosto, però, si è avuta finalmente una buona notizia per quanto riguarda la ripresa delle esportazioni di grano dall’Ucraina: alle 6 del mattino, ha lasciato il porto di Odessa la prima nave, battente bandiera della Sierra Leone, carica di grano e diretta verso il porto di Tripoli in Libano. Espressioni di compiacimento son state diffuse da Mosca, dall’ambasciata americana a Kiev, dalla Ue e anche dalla Turchia, dove la nave dovrà fare scalo per essere ispezionata e proseguire per la sua destinazione.
L’avvenimento in sé è di certo positivo ma a raffreddare gli animi c’è il fatto che, per ora, non si sa quando queste spedizioni potranno riprendere in modo costante. Intanto, sempre sul fronte della guerra, si registrano prese di posizione molti forti da parte dei vescovi dell’Ucraina. A riscaldare ulteriormente gli animi ha contribuito la strage avvenuta nel carcere di Olenivka, nella notte del 29 luglio, dove sono rimasti uccisi oltre 50 prigionieri di guerra ucraini.
Sulla responsabilità del massacro c’è stato il solito scambio di accuse tra Mosca e Kiev, anche se le immagini satellitari della prigione indicano che l’esplosione è arrivata dall’interno dell’edificio, sotto il controllo russo. “I prigionieri sono stati giustiziati e la persona che ha dato l’ordine di farlo è spregevole”, ha commentato mons. Vitaly Kryvytsky, vescovo della diocesi cattolica latina di Kiev-Zhytomyr, ricordando inoltre che “coloro che sono stati umiliati e uccisi diventano in seguito degli eroi… Sarà così anche questa volta, e in molti altri casi”.
È intervenuto anche il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Leopoli, mons. Eduard Kava: “Il sangue dei prigionieri ucraini torturati e uccisi dalla Russia chiede giustizia al Cielo. Il sangue dei civili morti a Mykolaiv e in altre città ucraine chiede giustizia al Cielo! La nostra terra è intrisa del sangue di coloro che muoiono per il diritto a vivere nel nostro paese”.