Un romanzo pieno di verità che genera entusiasmo e fiducia; l’io narrante è Adunni, protagonista nigeriana che non ha ancora compiuto quindici anni, coinvolta nella dura realtà della condizione delle donne in molti paesi del mondo, ancora private del diritto all’istruzione, obbligate a diventare “spose bambine” di uomini anziani, che hanno anche altre mogli. La donna come merce di scambio, un capitale che famiglie poverissime “vendono” in contratti combinati di matrimonio, per avere il minimo di sostentamento.
Il romanzo La ladra di parole (EditriceNord, 2021) ha dato fama alla scrittrice nigeriana Abi Daré, che ha potuto fare un’importante ascesa sociale costruita sulla cultura; laureata in giurisprudenza vive ora in Gran Bretagna col marito e le figlie. In Nigeria, a Lagos, ha avuto la sua formazione, un privilegio dovuto alla sua condizione sociale, ma per quasi tutte le ragazze nigeriane il futuro è determinato dalle condizioni economiche della famiglia, che non può affrontare i costi dell’istruzione, che lo Stato illiberale non fornisce, e quindi le ritira dalla scuola.
Adunni ama la scuola, il suo sogno è diventare maestra e aiutare altre bambine a liberarsi dalla povertà, a cambiare in meglio la loro vita. La mamma di Adunni aveva capito il valore della scuola e aveva fatto ogni sacrificio per darle istruzione, farle imparare l’inglese, friggeva cento puff-puff al giorno da vendere al mercato. Ma la morte presto la porta via e lascia nel bisogno lei e i suoi due fratelli. Un giorno il padre con dolore le comunica che non ci sono i soldi per pagare la retta della scuola, l’affitto e il mangiare e il tutto; ha fatto il contratto di darla in sposa al taxista benestante Morufu, molto più vecchio e con già due mogli e figlie, ma vuole un maschio e spera di averlo da una nuova sposa adolescente. I suoi soldi provvederanno ai bisogni, la ragazza capisce e non si sottrae al matrimonio, ma studia, non rinuncia ai suoi progetti di vita. Dove meno l’avrebbe aspettata incontra come una provvidenza persone che l’aiutano.
L’intreccio del romanzo si infittisce di vicende anche tragiche, ma Adunni è una che non molla: costretta a fuggire dopo essere rimasta incastrata senza colpa in una vicenda grave, trova lavoro come serva nella casa di una coppia cristiana ma terribile, prende botte dalla padrona rabbiosa e prepotente, che a sua volta è ingannata e tradita da un marito criminale. Mi tuffo nel fiume della mia anima: la ragazza con la sua tenace forza di volontà non perde fiducia e coraggio, con determinazione cerca libertà, con generosità è disposta a capire e ad aiutare gli altri, ha un rapporto d’amore sempre forte e consolante con la mamma, anche se morta. In una società inquieta e ingiusta le donne cercano di emanciparsi da pregiudizi e perfino superstizioni. Il romanzo di Abi Daré si presta ad essere interpretato come un fiore offerto in occasione della festa della mamma.
Le mamme sanno fare miracoli, provvedono e cambiano le cose al loro passaggio nella vita della famiglia e della comunità. Capiscono che la cultura è la risposta per stare meglio nella propria interiorità e nelle condizioni materiali di vita. Lo sanno anche in Nigeria, grande paese con più di 250 etnie; il matrimonio delle bambine al di sotto dei 15 anni dal 2003 è illegale: una bella conquista.
Maria Luisa Simoncelli