San Francesco del Prato a Parma: la chiesa ritrovata

Prima chiesa e convento, poi carcere, ora torna ad essere luogo consacrato. La visita del Presidente della Repubblica, che qui il 4 ottobre ha ricevuto la laurea honoris causa, ha celebrato la conclusione di un recupero atteso da decenni

La facciata della chiesa di San Francesco del Prato: sono state chiuse le finestre aperte per la trasformazione in carcere (foto Giuseppe Bigliardi)

La visita a Parma, il 4 ottobre scorso, del Presidente della Repubblica, ha portato alla ribalta un luogo solo da pochi giorni restituito al mondo: la chiesa di San Francesco del Prato. Qui, nel giorno della festa del Patrono d’Italia, si è svolta infatti la cerimonia di consegna a Sergio Mattarella della laurea magistrale honoris causa in Relazioni Internazionali ed Europee.

L’interno della chiesa dopo il restauro

Grandi spazi che hanno ospitato una cerimonia solenne, una chiesa che è stata a lungo carcere e che diventa simbolo di una città che vuole lasciarsi alle spalle la pesante esperienza della pandemia e la parentesi del ruolo, purtroppo incompiuto, di Capitale Italiana della Cultura proprio nel periodo più duro e difficile. “Parma 2020-21” si congeda però con un evento di grande rilievo: la riapertura di una chiesa rimasta chiusa e inaccessibile per due secoli!
È la conclusione di un percorso lunghissimo: il progetto per il “nuovo” San Francesco del Prato era nato addirittura trent’anni fa, ma le opere sono state avviate solo nel 2018, poi più volte interrotte e concluse nei mesi scorsi.

Il rosone sulla facciata (foto Giuseppe Bigliardi)

La “fine lavori” e la riapertura delle porte è stata sancita domenica 3 ottobre dal vescovo di Parma, Enrico Solmi, con la celebrazione della S. Messa solenne di riconsacrazione della chiesa. In totale sono stati 700 i giorni effettivi di lavoro, una settantina le persone coinvolte nel grande cantiere, una decina in più i volontari che si sono impegnati per la raccolta dei fondi.

La volta del presbiterio

Quasi duemila metri quadrati di superficie, tre navate e altrettante absidi, cinque campate e 15 cappelle, con una facciata che misura ben 600 metri quadrati e sulla quale non si aprono più le angoscianti finestre con inferriate, memoria del carcere che è stato. Come ha sottolineato il vescovo Solmi “questi sono i tempi di un ripresa mentre ancora siamo dentro la pandemia e questo vuole essere un segno di speranza, una coesione nuova della città attorno ai valori essenziali che qui sono espressi”.
Una città, Parma, che otto secoli fa ha accolto i frati francescani e che in questi anni ha atteso e partecipato ad un recupero che fa della chiesa un luogo “aperto al culto, all’Università che la circonda, alla città intera”.

Una storia lunga otto secoli

La facciata della chiesa prima del restauro

I frati francescani erano arrivati a Parma nei primi anni del Ducento stabilendosi in un luogo vicino alla città già destinato a fiere, mercati e gare militari: il “pratum regium”. La chiesa sarebbe stata costruita in due secoli a partire dagli anni Quaranta del XIII secolo; prima la grande abside centrale, poi le due laterali, e ancora – nel 1398 – la nuova facciata quale parte terminale dell’ampliamento del muro perimetrale, mentre all’inizio del Cinquecento fu innalzato il campanile.
Nel 1769 ci fu la prima soppressione e, nel 1804, quella definitiva ad opera delle truppe di Napoleone che cacciarono i frati francescani avviando la trasformazione della chiesa in carcere. I muri di cinta rialzati e con camminamenti e garitte di osservazione; l’interno soppalcato per la creazione delle celle per i detenuti e gli spazi di servizio per le guardie. Le arcate gotiche vennero chiuse da muri; sulla facciata furono tamponate anche le finestre trecentesche mentre altre vennero aperte e munite di doppie grate in ferro; distrutto il pronao. L’altare maggiore e quelli laterali così come il coro ligneo finemente intagliato furono demoliti. Tele e tavole dipinte vennero disperse, gli affreschi superstiti ricoperti da intonaco.
“Ospiti” del carcere furono anche uomini dal nome noto come Gaetano Bresci, che nel 1900 aveva ucciso re Umberto I, o Giovannino Guareschi incarcerato per oltre un anno dalla primavera 1954. Il carcere venne chiuso all’inizio degli anni Settanta: nel 1974 il complesso fu restituito all’Ordine Francescano e iniziarono le prime campagne di studio. Il complesso fu poi trasferito all’Università di Parma che, nel 2017, lo riconsegnò al Demanio dal quale la Diocesi l’anno successivo ha ottenuto la concessione d’uso.
Poi il lungo e accurato restauro. Per approfondimenti si rimanda al sito internet e al canale youtube di San Francesco del Prato.

(p. biss.)