Ponte di Albiano: frane, errori e negligenze. Storia di un  crollo annunciato

I periti del Tribunale depositano la perizia sulla caduta del ponte della Bettola. La parola passa ora al Gip per gli eventuali rinvii a giudizio.

Un immagine dall'alto dell'area del ponte di Albiano crollato
Un immagine dall’alto dell’area del ponte di Albiano crollato

Una paleofrana che avrebbe prodotto pressione sulla spalla est del ponte e/o una catena di negligenze e sottovalutazioni: sarebbero queste le possibili cause del crollo del ponte della Bettola, l’8 aprile 2020. È quanto emerge dalla relazione dei periti incaricati dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Massa, Marta Baldasseroni. Dopo un iter lunghissimo e 4 proroghe concesse dal Tribunale, i professori Franco Braga e Sebastiano Rampello della Sapienza di Roma hanno depositato la loro perizia di 200 pagine nelle settimane scorse. Il ruolo della frana antica che interessa la collina di Caprigliola è stato quello più problematico da investigare: i periti del Tribunale, con l’utilizzo di immagini satellitari, hanno rilevato spostamenti del terreno, confermati anche dai carotaggi operati. Dalle rilevazioni compiute è emerso uno spostamento di 10/20 millimetri in cinque anni: movimenti talmente lenti per essere percepibili da chi doveva vigilare sulla sicurezza del ponte di Albiano.

La situazione attuale al ponte di Albiano con le ruspe al lavoro per la ricostruzione
La situazione attuale al ponte di Albiano con le ruspe al lavoro per la ricostruzione

È dunque il movimento franoso che spinge verso il fiume ad avere determinato il crollo del ponte? Per esserne certi, secondo i due docenti, sarebbe necessaria una rilevazione a 60 metri di profondità per un anno. Di sicuro, dalla relazione redatta dai dai due docenti di ingegneria delle costruzioni emergono una serie di negligenze che i giudici dovranno valutare con attenzione. Si comincia nel 1992, quando Anas, allora proprietaria della Statale 330 “Buonviaggio” che comincia proprio all’imbocco del ponte di fronte alla stazione ferroviaria di Albiano, amplia la carreggiata, che passa da 8,2 a 10 metri. Del progetto però, scrivono i periti, non vi è traccia, così come di nessuna documentazione da cui emerga una valutazione degli effetti dell’aumento del carico sulla struttura, nonostante la segnalazione di alcuni spostamenti delle sottostrutture. L’intervento, pur non essendo ritenuto tra le cause del crollo – il ponte di Albiano cedette con due soli automezzi che lo percorrevano – è evocativo di un modo di procedere che non cambia quando nel 2001, l’applicazione del federalismo alle infrastrutture fa sì che numerose strade Anas passino alle province: la 330 è tra queste.

La situazione attuale al ponte di Albiano con le ruspe al lavoro per la ricostruzione
La situazione attuale al ponte di Albiano con le ruspe al lavoro per la ricostruzione

Dal 2008, anno delle prime crepe rilevate dai tecnici della Provincia di Massa Carrara, le segnalazioni si susseguono sempre più frequentemente: nel 2011 ad opera del consigliere comunale albianese Walter Moretti, nel 2013 da parte del sindaco Roberto Simoncini, preoccupato per l’aumento del traffico dovuto all’inizio delle chiusure della provinciale spezzina della Ripa. Sempre Simoncini torna a chiedere alla Provincia nuovi controlli nel novembre 2014 e nel settembre 2015. Dei sopralluoghi che Massa promette, ma di cui i periti del Tribunale non trovano alcuna documentazione. E non si registrano nemmeno interventi sulla struttura: le province, negli stessi anni sono praticamente lasciate senza fondi e con personale in esodo per volontà del governo, che vuole eliminarle ma senza alleggerirle di una competenza così gravosa come la gestione della rete viabilistica. Nel 2018, per sopperire ad una situazione ovunque emergenziale, Anas si riaccolla diverse strade provinciali cedute nel 2001. Tra queste anche l’arteria che passa per Albiano. Nell’estate del 2019, appare una nuova lesione e il sindaco Valettini, già intervenuto formalmente sul comparto Anas di Firenze l’anno prima, nelle settimane successive allo shock di Ponte Morandi, scrive all’ente delle strade sollecitando una approfondita verifica. Anas risponde che “il ponte non presenta al momento criticità tali da compromettere la sua funzionalità statica” e che sulla base di questo “non sono giustificati provvedimenti emergenziali per il viadotto”. Il 18 settembre viene fatto un altro controllo al termine del quale vengono installati dei vetrini spia. A novembre il sindaco riscrive ad Anas e il responsabile della manutenzione ordina “un’accurata attività ispettiva”, dato lo stato “pessimo” di impalcato, archi e travi, che avverrà solo il 2 aprile 2020. Sei giorni dopo, il crollo. Le negligenze evidenziate nella perizia sono penalmente rilevanti? O a pesare sarà soprattutto il ruolo della paleofrana, derubricando il tutto ad una storia di pessima amministrazione pubblica? A stabilirlo sarà il Gip, sentite le difese degli indagati (22 persone tra tecnici dell’Anas, della Provincia e delle ditte che hanno realizzato interventi nel corso degli anni) per l’ipotesi di reato di crollo colposo e di lesioni.

(Davide Tondani)