Monte Giogo: da “cimitero” della Guerra Fredda a sito strategico per le telecomunicazioni

Nel territorio di Comano, la ex base NATO si trova al centro della Lunigiana. Più volte vandalizzata dopo la dismissione, vi era stato allestito anche un museo

Veduta aerea del sito di Monte Giogo con le grandi antenne a parabola della ex base Nato e gli altri impianti. (Foto Matteo Bertetto)
Veduta aerea del sito di Monte Giogo con le grandi antenne a parabola della ex base Nato e gli altri impianti. (Foto Matteo Bertetto)

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, la NATO si trovò nella necessità di sviluppare un’allerta in caso di attacco con missili dotati di testata atomica da parte del Patto di Varsavia: siamo in piena Guerra Fredda. Si doveva inventare un sistema di comunicazione in grado di trasportare dati, canali voce e allarmi. La tecnologia sarà denominata “troposcatter”.
Proprio la tecnologia avrebbe determinato la modalità con la quale la stazione del Monte Giogo sarebbe diventata narrazione popolare: “Globi infuocati in cielo extraterrestri!” (probabilmente sfortunati stormi di volatili che finivano nel raggio di azione delle parabole trasmittenti della potenza di 400 milioni di Watt), “Bunker sotterranei con testate e missili atomici” (in realtà un mini-bunker di 5×5 metri che accoglieva a malapena il personale), “Astronavi aliene che atterravano di notte!” (in realtà elicotteri che consegnavano i pezzi di ricambio più voluminosi).

Il sito della base NATO, in attività dal 1960 al 1994, si trova a 1518 metri sul livello del mare: aveva un’estensione di 20.000 m2 con 7 fabbricati e un presidio di 13 militari. Irradiava una potenza di 400 milioni di watt, aveva una capacità di 570 canali telefonici, 260 telegrafici e di 60 circuiti radar. Ospitava un presidio di Carabinieri e un laboratorio. La temperatura più bassa rilevata è stata di -30°C; la massima velocità del vento registrata di 220 km/h.

La cosa certa è che dopo alcuni anni le rotte migratorie smisero di passare dalle parabole del Monte Giogo e solo dopo una decina di anni dalla loro dismissione i volatili tornarono ad utilizzare la vecchia rotta. La tecnologia permetteva di collegare le stazioni alla distanza di 300km, dalla Turchia ai punti di comando USA. I Sovietici avevano una identica rete dalla Siberia alla Germania Orientale. Un interessante video può essere visionato su youtube.com (“documentario Monte Giogo”).

L'interno della base quando Monte Giogo era operativa
L’interno della base quando Monte Giogo era operativa

La base era un gioiello tecnologico e logistico in grado di funzionare h24: in 34 anni ha avuto solo 13 secondi di disservizio! Alla sua dismissione la base venne consegnata in perfetto stato al Comune di Comano, ma nel giro di due anni fu oggetto di tanti atti vandalici tali da distruggerla completamente. Dopo un lungo e totale abbandono venne data in concessione ad A.R.I., associazione di Radioamatori che la misero in sicurezza dotandola di alcuni servizi. Iniziò così la riconversione del sito da uso militare ad uso civile. Molti sono i servizi attivati in questo periodo, tutti funzionali al territorio sottostante.
Uno degli autori di questa rinascita è stato Paolo Romanini, esperto nazionale di balistica e radioamatore: figura chiave per il passaggio di Monte Giogo da “cimitero” della Guerra Fredda a sito a vocazione museale e per le comunicazioni. Sotto la sua guida e del gruppo da lui creato il sito venne ripulito, bonificato e ristrutturato nelle sue parti essenziali con l’ambizioso progetto di farne un museo della Guerra Fredda e di ospitare moderne tecnologie di comunicazione.
03monte_giogo_interno_base2La vetta ha visto arrivare, oltre al già presente impianto di telefonia mobile TIM in grado di coprire tutta la vallata, la tecnologia IP tramite il coinvolgimento di chi scrive che determinerà l’ingresso del locale provider internet Wifi Communication s.r.l.; le telecomunicazioni di Vigili del Fuoco, Carabinieri, Soccorso Alpino, Elisoccorso, Protezione Civile, Alfa Victor e la stazione di Meteo Apuane.
Tutte associazioni o enti che danno copertura e sicurezza al territorio montano proprio da quel sito. Nell’intuizione di Romanini vi era il senso della trasformazione da interesse militare a civile per farne il punto di riferimento delle comunicazioni della zona anche con collaborazioni universitarie. Con la sua morte avvenuta il 27 ottobre 2011, in un tragico quanto banale incidente stradale, il testimone della conservazione del sito nei fatti venne lasciato alla buona volontà di coloro che lo stavano utilizzando.

Stefano Gaffi

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