Il messaggio natalizio delle comunità cristiane della Striscia di Gaza e del Sud Sudan
Giungono da due terre martoriate dalla violenza – la Striscia di Gaza e il Sud Sudan – i messaggi di speranza per un nuovo anno 2020 in cui la pace e la giustizia possano avere la giusta accoglienza in tutte le nazioni. Si è chiusa il 16 dicembre, nella parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza, la visita pastorale natalizia dell’Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa e della delegazione patriarcale di cui facevano parte, tra gli altri, anche mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina, il cancelliere patriarcale, padre Ibrahim Shomali, suor Bridget Tighe, direttrice di Caritas Gerusalemme e i rappresentanti dell’Ive, l’Istituto del Verbo Incarnato, i cui religiosi da oltre 10 anni sono presenti nella Striscia.
Il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, religioso dell’Ive, ha definito i tre giorni di visita una splendida occasione grazie alla quale “abbiamo potuto festeggiare il Natale, anticipandone l’attesa e l’atmosfera”. Molti fedeli di quel territorio non riescono ad andare a pregare alla Natività di Betlemme perché Israele non concede il permesso di uscire dalla Striscia, “quindi – spiega il parroco – la presenza dei patriarchi in vicinanza del Natale esprime vicinanza concreta alla esigua minoranza cristiana, circa 1.000 fedeli, di cui solo 117 cattolici, su 2 milioni di abitanti”.
“La presenza di mons. Pizzaballa – aggiunge – ci ha fatto sentire l’abbraccio di tutta la Chiesa del Patriarcato e ci ha regalato un anticipo del Natale che verrà”.
Nel corso della messa conclusiva sono state celebrate 12 prime comunioni, quattro cresime ed è stata data la benedizione agli studenti dell’ultimo anno delle Superiori. La rappresentazione del presepio vivente ha chiuso la festa. “Sono stati giorni in cui abbiamo assaporato la bontà del Signore, ribadisce il parroco. La comunità cristiana di Gaza, ci ha detto mons. Pizzaballa, pur in mezzo a tante difficoltà non ha perso la speranza e la fiducia. Di questo siamo orgogliosi”.
Un Natale di giustizia, pace, guarigione, riconciliazione: è questo l’augurio espresso in un messaggio congiunto dai leader delle Chiese cristiane del Sud Sudan a nome dei “bambini e del popolo sud sudanese, ferito e logorato da sei anni di conflitto e da una serie di disastri naturali e alluvioni che hanno avuto implicazioni umanitarie sulla popolazione, causando fame e diffusione di malattie”.
“Messaggio per la pace in rispetto delle nostre differenze”, è il titolo della Lettera scritta dal Consiglio delle Chiese cristiane a firma dei responsabili delle comunità cattolica, episcopale, presbiteriana e pentecostale del Paese; per la Chiesa cattolica, il testo è firmato dall’arcivescovo di Juba, mons. Paolino Luduku Loro.
Il Consiglio ricorda le sfide che stanno soffiando sulla realizzazione del “Revitalized Agreement on the Resolution of the Conflict in South Sudan (R-ARCSS)”, un accordo di pace siglato nel settembre 2018, e che poi è collassato dopo meno di un anno. Il messaggio natalizio dei leader cristiani locali incoraggia le diverse parti a prendere un impegno serio di pace e di riconciliazione.
“Noi vediamo Gesù – scrivono i leader cristiani sud sudanesi – nei volti dei bambini e del popolo del Sud Sudan che continuano a soffrire a causa delle crescenti tensioni attorno alla implementazione dell’Accordo R-ARCSS. In questo giorno di festa, chiediamo al Signore pace, guarigione, perdono e riconciliazione per il Sud Sudan. Preghiamo che la volontà di risolvere con il dialogo le questioni che sono causa di problemi e tensioni, prevalga tra le parti e che una soluzione negoziata possa finalmente essere raggiunta e possa così permettere una coesistenza pacifica tra le comunità del Sud Sudan”.
Le Chiese accolgono con gratitudine gli sforzi che si stanno facendo per un “cessate-il-fuoco permanente tra le parti” e per “l’impatto positivo” che questo cessate-il-fuoco sta avendo sulla vita delle persone. Tuttavia guardano con preoccupazione “i conflitti armati” ancora in corso e la mancata implementazione dell’Accordo da parte di tutti i firmatari.
“Chiamiamo pertanto tutte le parti a cessare ogni ostilità e ad usare il dialogo per risolvere le differenze. La Chiesa è impegnata a lavorare con loro per dare un futuro di pace al nostro popolo. Uniamo per fare del 2020 un anno di pace e di speranza per il popolo del Sud Sudan. Pace che possa consentire ai bambini di andare a scuola con gioia, alle donne di vivere senza paura, ai rifugiati e ai migranti interni di tornare a casa con dignità, e ai leader di sedersi insieme attorno al tavolo per dialogare sul futuro del nostro Paese”.