Fermate il mondo…

39Siria3La frase, diventata di uso comune a seguito di un film degli anni ’70, si conclude con “…voglio scendere” e sta a indicare, tra le diverse spiegazioni, una sensazione di disagio determinata dal susseguirsi e sovrapporsi di situazioni talmente intricate da spingere chi ne è coinvolto a prendere le distanze, appunto, scendendo da quella che sembra essere una giostra impazzita.
E non mi si dica che il mondo – certo, non solo oggi – in questi giorni non dia l’impressione di essere sull’orlo – ma si potrebbe in tutta tranquillità dire: all’interno – di una condizione di pazzia. Impossibile citare tutti gli esempi che confermerebbero tale affermazione.
Ci limitiamo a nominare i luoghi, a partire dalla nostra Italia, poi il Regno Unito, la Spagna, il Medioriente, il Cile, Hong Kong… e chi più ne ha più ne metta! È esagerato parlare di mondo impazzito? Certo, non si può fare di ogni erba un fascio perché le motivazioni a monte delle manifestazioni e delle proteste di piazza sono molto diverse e diversi sono i contesti socio-politici nelle quali esse vengono realizzate e contrastate.
In Italia, assistiamo ad un tiro alla fune quotidiano: giusto che a farlo siano le opposizioni, un po’ meno comprensibile che a mettere ostacoli siano coloro che solo pochi giorni fa hanno dichiarato di avere tutte le intenzioni di sostenerle il neonato governo.
A Londra, Boris Johnson sembra invece su di un’altalena, vittima degli alti e bassi di questo piacevole passatempo. Si potrebbe continuare nell’analisi delle singole situazioni sopra citate, ma sarebbe un esame troppo superficiale. Ci preme, piuttosto, sottolineare due aspetti che ci sembrano emergere soprattutto nei casi in cui le piazze del mondo diventano terreno di scontro o di guerriglia.
Il primo riguarda la modalità delle proteste: nonostante le buone intenzioni, risulta più che evidente che, spesso nate come reazioni spontanee a certe prese di posizione dei governi, con il passare del tempo vengono prese “sotto tutela” da forze politiche poco interessate al cuore del problema e più desiderose di creare confusione per destabilizzare la situazione politica nel suo insieme. Può essere difficile, se non impossibile, ma riuscire ad emarginare gli estremisti e i violenti potrebbe contribuire a rendere più sostenibili tali manifestazioni.
L’altro aspetto risiede nelle reazioni adottate dai vari governi oggetto delle contestazioni: le scene di lacrimogeni, idranti, manganelli non sono da generalizzare, ma è indubbio che il più delle volte rappresentano la realtà dei fatti. Dato che ciò non accade soltanto in Paesi di dubbia o giovane democrazia, c’è da chiedersi se i governanti non possano provare a percorrere la strada del dialogo e dell’ascolto, prima di passare a vie di fatto che non li fanno sembrare migliori di chi li contesta nelle piazze.

Antonio Ricci