Bulgaria, tra crescita e antiche povertà

Dal 1° gennaio è alla testa del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea

10SofiaA poco più di 10 anni dalla sua adesione all’Unione europea, dal 1° gennaio la Bulgaria ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dei ministri comunitario per la prima metà del 2018. Nella presentazione del programma semestrale al Parlamento europeo il primo ministro bulgaro Boyko Borissov ha descritto il suo Paese con ottimi indicatori economici: Pil vicino al 4%, disoccupazione al 6%, debito pubblico quasi azzerato; tutti risultati ottenuti soprattutto grazie all’aiuto dei fondi comunitari.
Nonostante questo, però, la Bulgaria rimane il Paese più povero fra i 28 membri, con redditi familiari modesti e una capacità di acquisto pari al 53% della media nel continente. Se, quindi, i dati economici citati da Borissov sono veri, è altrettanto vero il distacco dagli altri Paesi.
Questo, secondo l’economista Georgi Angelov, si spiega con il fatto che “la Bulgaria è partita da zero nel 1997, quando lo Stato è fallito; c’era l’iperinflazione e gli stipendi a un certo punto non superavano i 10 dollari”. Una lezione che ha insegnato ai politici bulgari a essere prudenti, per questo “oggi molti di loro non vogliono assumersi rischi”.
A pesare di più è il ritardo di certe riforme che si possono definire “impopolari”: quelle che riguardano il sistema sanitario e i servizi di sicurezza; per evitare proteste e problemi i governi non si decidono ad intraprenderle. L’inefficienza del sistema fa sì che i soldi spesi vadano a cadere nel vuoto.
Fa eccezione il settore dell’istruzione, una priorità assoluta per il governo di Borissov che ha raddoppiato gli stipendi degli insegnanti e sta integrando tutti i bambini che non frequentano la scuola.
Come spesso accade, tra le cause del rallentamento accusato dalla Bulgaria ci sono la burocrazia e la lentezza dell’amministrazione e del sistema giudiziario. Tutti elementi che favoriscono il proliferare della corruzione.
Qualcosa si è mosso e si sta muovendo grazie ai fondi europei: sono state costruite centinaia di chilometri di autostrade, sul Danubio è stato realizzato il secondo ponte che lega la sponda bulgara a quella europea, a Sofia ci sono due linee della metropolitana mentre la terza è in costruzione.
La povertà in cui versa il Paese fa sì che la manodopera costi meno e ciò attira gli investitori stranieri. La ricchezza prodotta si concentra però nella capitale Sofia e in altre 12 grandi città. Fuori da lì ci sono paesi e villaggi spopolati, dove non ci sono che anziani, soli e con pensioni da 100 euro, perché i giovani sono andati all’estero o nelle grandi città.
Sulla carta ci sono i progetti sociali di assistenza finanziati dall’Europa, ma una volta finiti i soldi, i comuni non hanno i mezzi per continuare. La speranza è che nei prossimi 10 anni la Bulgaria diventi capace di camminare con le proprie gambe.