Non credo di credere in Dio

Domenica 23 gennaio – III del Tempo Ordinario
(Ne 8,2-4.5-6.8-10 – 1Cor 12,12-30 – Lc 1,1-4; 4,14-21)

Jesus prega na Sinagoga – Sinagoga de NazarÈ (Israel) – Foto: Gustavo Krajl

Non credo nel Dio che mi viene spiegato. Non credo in chi prova a sedurmi con ragionamenti, con parole vuote e argomentazioni senza compassione. Non credo in chi cerca di dimostrare l’esistenza di Dio, credo che sia l’esistenza a mostrare il divino.
Credo nella Parola, e questo posso giurarlo. Credo che potrei perdere tutto, ma fino a quando ci sarà un filo di suono da ascoltare, il ricamo di inchiostro a diventare Senso, io crederò nella vita. Credo che se oso sognare ancora un futuro per la Chiesa la sogno in piazza, a presidiare porte aperte e intenta ad ascoltare, da adulta, senza infantilismi, la Parola. Il resto conta nulla, davvero nulla. Credo che solo la Parola potrà ricomporre le nostre vite. O almeno rallentarne la dissoluzione.
Non credo in una qualche idea su Dio. Ho smesso di farlo quando mi sono accorto che stavo usando un pensiero per parlare di me e non di Lui. Credo nei corpi, credo che si possa credere in Dio solo pensando a Cristo e credo che abbia ragione Paolo nella seconda lettura di oggi “ora voi siete corpo di Cristo” per cui credo di non credere in una qualche idea su Dio perché ho finalmente imparato a credere negli uomini.
Credo nei corpi, nella carne dell’uomo così debole e feroce. Credo nel mistero del nascere e del morire. Credo che ogni corpo che si fa pane parli di Infinito, e mi fa ringraziare di essere uomo. Credo realmente nella presenza di Cristo nei corpi che si amano. Perfino nel mio.
Credo nei piedi e nei loro cammini, credo nell’inciampo, nelle slogature e nelle corse. Credo che camminare in montagna sia divino ma credo anche che ci siano donne e uomini che anche da immobili sappiano di tutti gli esodi del mondo. Credo che Gesù, da quel giorno, dalla Sinagoga in poi, sia stato Parola e Corpo insieme, e sono contento che ci siano voluti trenta anni pure a lui per capirlo.
Credo che tutti in quella Sinagoga conoscessero bene le parole di Isaia, ma credo anche che vederlo per la prima volta in carne e ossa e muscoli e sudore abbia giustamente fatto paura.
Credo di credere che Dio sia Libertà. Incarnata. E che non mi interessa più credere in qualche idea su di lui ma quello che voglio è diventare finalmente libero. Che è incontrare Lui nella mia carne. Credo che ho paura. Ma credo anche che ogni volta che riesco a credere in me io stia credendo anche in Lui.

don Alessandro Deho’