Attento a smentire i luoghi comuni e a svelare punti oscuri del Novecento si è spento a Porto Venere
Arrigo Petacco di Castelnuovo Magra il 3 aprile ha concluso la sua lunga vita di 89 anni nella casa di Porto Venere. Ha lavorato moltissimo di penna, oltre 50 saggi, articoli di giornale, libri monumentali sul fascismo, la seconda guerra mondiale, la storia dell’Italia dopo l’unità, documentari, sceneggiature per film.
È uno degli scrittori più prolifici e famosi e molti suoi saggi hanno scatenato dibattiti e polemiche, che non gli dispiacevano dato il suo temperamento un po’ ruvido che lo portava a sostenere tesi controverse, “oblique”, a volte circondate da mistero e silenzio, da alcune ricerche sono stati ricavati film (“Il prefetto di ferro” Cesare Mori, che mise in ginocchio la mafia ma trasferito dalla Sicilia quando scoprì collusioni con la politica) e sceneggiati televisivi (“Joe Petrosino”, l’italiano diventato poliziotto americano in lotta contro la mafia che lo uccise).
Aveva cominciato come giornalista scrivendo per “Il lavoro nuovo” di Genova diretto da Sandro Pertini, poi per “La Nazione” di cui divenne direttore, guidò il mensile “Storia illustrata”.
I suoi saggi affrontano temi interessanti, anche provocatori perché gli piaceva sparigliare le carte, ribaltare giudizi assodati. Alcuni esempi: Petacco ritiene che Mussolini non sia stato il mandante dell’assassinio di Giacomo Matteotti, valuta “bufale” la borsa scomparsa di Mussolini, le armi segrete di Hitler, il carteggio Churchill-Mussolini.
Sicuro di sé, non aveva difficoltà a calarsi nelle questioni del Novecento lasciate in ombra, lo dicono i titoli di alcuni libri: I segreti di Maria Josè, L’esodo. La tragedia negata di italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, I segreti di El-Alamein, La strana guerra 1939-1940, quando Hitler e Stalin erano alleati e Mussolini stava a guardare.
Altri libri portano notizie sulle amanti Eva Braun e Claretta Petacci, sulla tragedia degli italiani in Russia, sul “Regno del Nord” e la Resistenza, argomenti che abbiamo ascoltato dal vivo in una conferenza tenuta agli studenti del “Malaspina” di Pontremoli.
Nel commemorarlo alcuni giornalisti lo hanno definito un revisionista che faceva capire a tutti i problemi della storia, aveva attraversato il tempo del fascismo e del comunismo, con la vocazione liberale di accogliere tutti i punti di vista da cui traeva sue conclusioni e forniva al lettore i dettagli per fare altrettanto, senza schieramenti ideologici.
La sua ultima fatica è stato uno studio su Caporetto scritto insieme al giornalista Marco Ferrari. Per i funerali giovedì 5 aprile a Porto Venere c’è stato lutto cittadino per onorare uno studioso riconosciuto intellettualmente corretto nell’indagare aspetti spesso inediti.
(m.l.s.)