Itinerario tra le piazze della Lunigiana Storica. Per apprezzarne l’aspetto bisogna osservare le immagini precedenti il terremoto del 1920: la ricostruzione comportò infatti l’abbassamento di un piano degli edifici

Una suggestiva immagine di piazza medicea a Fivizzano di notte
Una suggestiva immagine di piazza medicea a Fivizzano di notte

Per capire l’assetto dell’antica Piazza del mercato di Fivizzano, detta oggi Medicea e negli atti notarili trecenteschi platea sub ulmo, bisogna ricorrere alle immagini che precedono il terremoto del 1920. Il disastroso sisma comportò, l’abbassamento di un piano di tutti gli edifici allineati sui bordi dell’area, con la conseguente perdita del rapporto tra volumi costruiti e spazio libero, mantenuto soltanto da palazzo Cojari che, da solo, forma il lato minore della piazza.
Le demolizioni interessarono anche l’angolo sud-est, attualmente utilizzato come ingresso veicolare: prima chiudeva il recinto dei palazzi dove si trovava la Cancelleria Granducale munita di un androne, ancora oggi, passante. Si respira un’aria toscana nel sobrio utilizzo delle membrature architettoniche ridotte, quando presenti, al marcadavanzale che richiama la plastica portante della parete di facciata. L’omogeneità dell’intonaco, il ritmo delle aperture dalle incorniciature bugnate, il cornicione uniforme facevano ed ancora suggeriscono uno spazio dove l’architettura si esprimeva con un linguaggio unitario nonostante le differenze, anche sensibili, delle componenti individuali riscontrabili nei principali palazzi delle famiglie Molari, Cojari, Cargiolli, Battini-Rossi e altri. Edifici che scelgono l’affaccio privilegiato su questo antico spazio di mercato, cuore pulsante della città di Fivizzano, luogo d’incontro e di ospitalità lungo una delle strade più importanti della Lunigiana, quella che collega da nord-est la pianura reggiano-modenese con Sarzana e il litorale lunense, attraverso il passo del Cerreto.

L’aspetto di Piazza Medicea prima del terremoto del 1920

L’attuale Statale 63 è stata costruita tra il 1829 ed il 1850 sostituendo le più antiche tracciate lungo la valle del Rosaro, in direzione di Pognana e Sassalbo. Il nodo territoriale è importante proprio per la sua specifica collocazione, anche in ragione dei forti legami con la lucchesia, tanto da suggerire la presenza di un antico recinto quadrangolare, riutilizzato in età medievale, deducibile dalla forma dell’abitato.
I documenti registrano la presenza del Foro della Verrucola, a partire da un rogito del 1229 contenuto nel Codice Pelavicino e, probabilmente, già allora doveva essere cinto da quelle mura distrutte da Castruccio nel 1319, nell’epica lotta che costrinse Spinetta Malaspina all’esilio veronese. Fu lui però che tornato in possesso dei beni aviti nel 1328, dopo la morte del condottiero lucchese, ristrutturò il castello della Verrucola di cui Fivizzano era il potenziale sviluppo.
Al 1335-36 risale la chiesa di San Giovanni e, a detta del Branchi, nel 1374 il marchese Niccolò di Isnardo, discendente di Spinetta, vi prese residenza fissandovi il capoluogo feudale. Poco dopo, constatata la crescita dell’abitato, anche il vescovo di Luni Bernabò Griffi fece costruire, tra il 1377 ed il 1383, la chiesa dedicata ai Santi Jacopo e Antonio che, già l’anno precedente, era stata elevata al rango di parrocchia e dismembrata dalla Verrucola. Si dice che la chiesa fosse più piccola dell’attuale e ruotata con l’abside verso oriente.
Nel 1392 Il marchese Niccolò fece costruire, probabilmente davanti al suo palazzo, il convento degli Agostiniani concedendo loro l’annessa chiesa di San Giovanni. Vennero poi i terribili giorni del secolo XVI quando la contesa tra Milano e Firenze, per il controllo della Lunigiana, fu condotta senza esclusione di colpi e la nobile terra di Fivizzano, governata direttamente dalla città toscana dal 1477, subì il disastroso terremoto del 1481 e due sacchi 1495-1496, perpetrati dal marchese Malaspina di Fosdinovo che rivendicava il possesso della città.

La fontana al centro di Piazza Vittorio Emanuele a Fivizzano nei primi anni del Novecento

Non sappiamo in mezzo a tante distruzioni quale fosse lo stato della piazza del mercato. Dopo la costruzione delle mura nel 1540 da parte di Cosimo I dei Medici è ragionevole pensare che sia stato avviato un processo di ristrutturazione che coinvolse tutta la città. Nel 1576 la parrocchiale fu completamente trasformata, ruotata verso la strada principale o Borgo maestro, e ricondotta alle dimensioni attuali. Non affaccia sulla piazza, e questo è assai singolare, ma condivide con essa lo spigolo nord-occidentale offrendo un fuoco visuale defilato rispetto all’asse dello spazio pubblico. Le residenze a due o cinque finestre, con i portali di gusto tardo rinascimentale, rimodellate su precedenti edifici, sembrano ripetere un “tipo” che ridisegna lo spazio urbano lastricato a partire dal 1677, facendo tutt’uno con la fontana costruita al tempo del granduca Cosimo III e del governatore di Fivizzano Alfonso Maria Bracciolini, entrata in funzione nel 1683.
Realizzata per condurre l’acqua nella città fortificata è circondata da un’elegante cancellata in ferro battuto dalla forma sub-ottagonale. La vasca circolare con quattro fontane, ornate da delfini e conchiglie in marmo bianco, appoggia su una base circolare cruciforme a gradoni; fu scolpita dal carrarese Jacopo Toschini, mentre il grottesco zampillante, collocato al centro, è opera del pittore fivizzanese Stefano Lemmi. Nonostante le ricostruzioni, talvolta pesanti, Fivizzano e la sua piazza ben rappresentano quella cultura della pietra che impronta di sé la Lunigiana orientale, innestando sul substrato locale i motivi tardorinascimentali dell’orizzonte culturale toscano.

Roberto Ghelfi