“Morte e Vita si sono affrontate”
La Resurrezione. Icona. Russia, XIX secolo

I grandi appuntamenti della liturgia non passano inosservati, né invano. Nemmeno l’atteggiamento più distratto li annulla completamente. La festa di Pasqua, poi, emana un fascino complesso, anche se difficile da analizzare, tuttavia reale e concreto. Non c’è nessuno che non si accorga della Pasqua. Al punto che non è illusorio pensare che la nostra cultura, pur secolarizzata, non sia riuscita del tutto a relegarla tra le realtà che riguardano solo i credenti; avvenimento chiuso nel perimetro della esperienza religiosa praticata, senza una sua capacità evocativa all’esterno.
Nessuno passa indenne attraverso la Pasqua, perché, in qualche modo, parla a tutti. Ci possiamo accontentare? Certamente no. Anzi, questo suggerisce pensieri scoraggiati e tristi, simili allo “speravamo” dei discepoli di Emmaus. Il nostro occhio non scorge la festa, ma solo effimeri bagliori. C’è, però, un livello più profondo che non va dimenticato: la Pasqua trae forza dalla sua intima natura di avvenimento promosso da Dio e dalla sua infinita voglia di creazione.
La Pasqua annuncia questo evento straordinario, unico e lo attualizza. La Pasqua è Cristo Risorto, è vita nuova nello Spirito, è la vera e compiuta faccia della creazione: “Egli si mostrò ad essi vivo” (Atti 1, 3). Restiamo nell’essenziale: colui che era morto, ora è vivo. Nelle strutture profonde dell’uomo e della storia è un dinamismo di vita insopprimibile. Certo, non produce i suoi frutti con automatismi. La Resurrezione di Cristo si lega ad ogni uomo mediante l’accoglienza della fede. Ma quale fede? Gli occhi di Dio non sapranno riconoscerla anche là dove l’occhio umano non la vede?
La Pasqua allora è di tutti, riguarda tutti, ha influenza su tutti, perché la vita, ora, è nel segno di questo immeritato gesto del Signore. La morte, quindi, non è l’ultima pagina, non è la parola definitiva, aldilà di essa vi è il compimento. Certo, la morte del corpo non depone la sua veste drammatica, ma non è più il segno della fine. La logica del dono di sé, in Cristo, ha vinto la legge del peccato e della morte.
Facciamo nostre le profonde parole dell’Exultet: “Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti. O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!… Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore! O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.”
La Pasqua germoglia, più di quanto siamo portati a credere. Viviamola, nonostante il difficile momento, all’insegna della speranza che non delude.

Ivana Fornesi