Gli “Statuta et ordinamenta” del feudo di Malgrate

Le norme del piccolo feudo nella tesi premiata al “Lunigiana Storica”

Una pagina degli Statuti di Malgrate
Una pagina degli Statuti di Malgrate

Gli Statuti di Malgrate sono una raccolta di norme che erano applicate all’interno del piccolo feudo imperiale della media Lunigiana comprendente, oltre a Malgrate, le comunità di Filetto, Mocrone, Orturano e Irola. Fino ad oggi questi statuti – tipico esempio della legislazione medievale e dell’età moderna – non erano ancora stati studiati ed approfonditi, benché autorevoli storiografi (uno su tutti Eugenio Branchi nella sua Storia della Lunigiana feudale) avessero parlato dell’esistenza di documenti contenenti il testo degli stessi.
Lo studio prende in considerazione il manoscritto del 1657 contenente le norme statutarie e redatto nel periodo di dominazione della famiglia Ariberti (che nel 1641 acquistò il feudo, appartenuto fino ad allora ad un ramo della famiglia Malaspina dal 1351, anno dell’indipendenza dal feudo di Filattiera) in cui sono confluite le antiche normative malaspiniane del feudo di Malgrate.
25malgrate_ documento1Tale manoscritto, citato dal Branchi ed oggetto della tesi di laurea, è conservato presso la Biblioteca del Senato “G. Spadolini” di Roma. L’analisi del testo normativo e di due ulteriori documenti statutari dal contenuto pressoché identico – la cosa non deve stupire: era infatti diffusa la prassi di realizzare copia del testo statutario ad utilizzo prevalente degli operatori del diritto del tempo – porta ad affermare che gli Statuti di Malgrate, al netto di piccole modifiche di scarsa rilevanza e della trasposizione dal testo latino a quello volgare, in realtà, si siano presentati in maniera pressoché identica nel corso della loro storia, ovvero dall’indipendenza del 1351 fino alla soppressione dei feudi.
Inoltre si può affermare, dalla comparazione effettuata con altri statuti delle comunità lunigianesi già studiati, che questi statuti si inseriscono appieno nel quadro della storia del diritto lunigianese che piano piano si sta ricostruendo grazie soprattutto all’opera del prof. Paolo Lapi, autore di numerose pubblicazioni sugli statuti di Lunigiana.

Il borgo di Malgrate. Veduta aerea
Il borgo di Malgrate. Veduta aerea

La ricerca poi ha consentito di formulare una conclusione riguardo all’organizzazione interna del feudo: infatti si è rinvenuta una copia degli Statuti di Mocrone del 1571 che, affiancati al volume già edito sugli Statuti di Filetto del 1571 e agli Statuti di Malgrate del 1657, si sono rivelati essenziali per affermare che all’interno del feudo esistevano due livelli legislativi: un livello “superiore” che aveva come punto di riferimento gli statuti marchionali, applicati su tutto il territorio del feudo, concessi dal marchese ed identificati con gli Statuti di Malgrate, comprendenti le norme relative al Podestà ed agli ufficiali dell’intero marchesato e i loro relativi giuramenti, le norme di diritto criminale e norme di diritto privato sostanziale e processuale; esisteva poi un livello “inferiore” di legislazione che si concretizzava negli statuti delle singole comunità facenti parte del feudo (ad oggi si conoscono solo gli Statuti di Filetto e di quelli di Mocrone ma anche le altre comunità del feudo avevano statuti propri): in tali raccolte legislative troviamo norme che oggi definiremmo di carattere “amministrativo” (riguardanti ad es. la gestione del frantoio e del mulino) e norme relative agli incarichi pubblici di ogni comunità; tali disposizioni erano applicate solo all’interno della comunità di riferimento.
Merita segnalare tra le norme contenute negli Statuti di Malgrate quella riguardante la riscossione delle gabelle: vi era un unico luogo, nei pressi della “fontana di Santa Lucia” di cui ancora oggi vi è traccia, dove coloro che transitavano avrebbero dovuto pagare la tassa; la pena per chi non avesse pagato sarebbe stata severa: questi infatti avrebbe perso “la bestia e la soma che conducesse”.
Nulla invece avrebbero dovuto pagare gli abitanti del feudo che andavano a vendere fuori dal marchesato “formento, panico e legumi”. Per quanto riguarda il diritto criminale gli statuti prevedevano che all’assassino “gli sia tagliato la testa in modo tale che mora”. Era reato altresì lavorare nei giorni di festa specificamente indicati negli statuti e bestemmiare “Iddio la Vergine Maria gli Santi le Sante”.
Gli ufficiali del marchesato, eletti annualmente tra gli abitanti del feudo otto giorni prima di Natale dal Console e dai Consiglieri delle comunità, avevano compiti specifici: vi erano i “Proveditori de vie strade fontane canali” con l’incarico di sorvegliare e far sistemare le strade ed i canali; i “soprastanti e proveditori de macelari” che erano incaricati di controllare la vendita delle carni all’interno del feudo ed altresì i “soprastanti di quelli che vendino pane e vino a minuto e de molinari” con specifici di controllo sul lavoro di mugnai, fornai ed osti. Queste norme e le altre contenute nel testo statutario ci offrono, oltre che un quadro giuridico-legislativo, anche uno spaccato della società del tempo e della comunità di Malgrate in particolare, aspetti che meritano certamente di essere ulteriormente approfonditi e studiati.

Federico Orsini