Torna a crescere il dato della dispersione scolastica

L’allarme lanciato dal rapporto Istat sul nostro sistema dell’istruzione

L'ingresso a scuola di alcuni studenti delle Superiori
L’ingresso a scuola di alcuni studenti delle Superiori

L’ultimo report dell’Istat sul nostro sistema dell’istruzione crea allarme per quanto riguarda i tassi di dispersione scolastica: infatti, nel 2017, la quota di 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi si stima pari al 14% e per la prima volta dal 2008 viene meno la tendenza positiva rispetto al dato dell’anno precedente.
Sempre l’Istat informa che l’abbandono scolastico precoce è molto più rilevante tra gli stranieri rispetto agli italiani (33,1% contro 12,1%). Anche se dal 2008 ad oggi proprio tra gli stranieri si è registrato il miglioramento più consistente (con la riduzione degli abbandoni).
Un’altra differenza importante sul tema è quella legata alle provenienze geografiche: chi lascia precocemente la scuola, infatti, lo fa con più facilità al Sud (18,5%), mentre al secondo posto di questa speciale classifica si colloca il Nord (11,3%).
Al Centro le cose vanno un po’ meglio: 10,7%. Queste differenze territoriali nei dati che riguardano la scuola italiana non sono una novità e, segnala sempre l’Istat, non accennano a ridursi. Insieme alla problematica dell’abbandono scolastico precoce, sotto la lente di ingrandimento degli osservatori c’è da anni la questione dei cosiddetti Neet, acronimo inglese che riguarda quei giovani che né studiano né lavorano.
L’Istat segnala che nel 2017 in Italia i Neet erano 2 milioni e 189 mila (24,1%): il 41,0% cerca attivamente un lavoro e il 29,8% sono forze di lavoro potenziali. Dall’inizio della crisi economica (nel 2008) la quota Neet in Italia è salita fino a raggiungere il massimo nel 2014 (oltre il 25%) per poi cominciare a scendere. Il valore dell’indicatore resta però ancora circa 5 punti superiore rispetto a quello del 2008 (19,3%) e la quota Neet italiana resta la più elevata tra i Paesi dell’Unione e decisamente superiore al valore medio Ue (13,4%).
Un altro dato interessante che emerge dalla rilevazione Istat riguarda i titoli di studio: nel 2017, in Italia, il 60,9% della popolazione di 25-64 anni ha almeno un titolo di studio secondario superiore, mentre la media europea si assesta sul 77,5%.
Ancora più critica la situazione per la laurea: nel 2017, infatti, la quota di 30-34enni in possesso di quel titolo di studio è del 26,9%, mentre la media Ue si assesta al 39,9%. L’Italia, pur cresciuta di 7,7 punti dal 2008, è la penultima tra i paesi dell’Unione.
Tra le tante considerazioni che il rapporto fa nascere, una prevale ed è la necessità di “più scuola”. Creare le condizioni perché sempre più giovani restino all’interno del sistema scolastico, raggiungano i titoli di studio, conquistino i risultati di formazione che permettono poi anche un inserimento efficace nel mondo del lavoro deve restare un obiettivo importante della politica, da ricordare in momenti di cambiamento come l’attuale.