Lo realizzò don Igino Dodi per accogliere i figli dei genitori emigrati per lavoro nel nord Italia e all’estero. Inaugurato alla fine di agosto del 1954, ha svolto la sua preziosa attività di accoglienza e istruzione per trent’anni.
Nel 1995 dal vescovo mons. Eugenio Binini è stato affidato alla fraternità sacerdotale dell’Opus Mariae Matris Ecclesiae, ed è diventato centro di spiritualità e cultura
Fare famiglia per accogliere bambini e ragazzi non custoditi o per sottrarli allo sfruttamento del lavoro molto nocivo al loro sano sviluppo fisico è un impegno sempre praticato dalle comunità cristiane e non solo, si intensifica nell’età moderna.
Case di accoglienza salvarono da ogni tipo di bisogno e portarono protezione e difesa dalle facili tentazioni di male. Furono soprattutto sacerdoti singoli o comunità religiose a costituirli e a curarli, nacquero molte Associazioni anche in Lunigiana per l’educazione e l’apprendimento di arti e mestieri per i ragazzi.
A Pontremoli importanti istituzioni furono la Casa Galli Bonaventuri nata per ricco lascito testamentario, che poi servì anche per organizzare per giovani e bisognosi laboratori per il mestiere di falegnami, calzolai, sarti e tipografi, detti gli Artiginelli. Per gestirli il vescovo Fiorini chiamò nel 1903 gli Oblati di S. Giuseppe Marello.
Nel 1893 il vescovo Camilli aveva ideato e fondato l’Orfanotrofio femminile Leone XIII. Una delle ultime associazioni sorse nel 1954 a Filetto: è il Villaggio del Fanciullo.
Fu voluto con ferma volontà e sacrificio da don Igino Dodi. Svolse la missione sacerdotale prestando molta attenzione ai problemi sociali, che si congiunsero col dovere di fare omaggio e memoria della sorella Maria Luisa, che fu abbattuta da un colpo di fucile sparato da uno del paese di Castiglione del Terziere, dove don Igino era parroco, il giovane era tornato dalla guerra distrutto nella sua personalità psichica con gravi problemi mentali.
Con militanza nell’Azione Cattolica Maria Luisa aveva forte desiderio di fondare una “Casa del fanciullo dell’emigrante” per dare ospitalità e istruzione ai bambini figli di emigranti in terre lontane estere o del nord d’Italia, rimasti coi nonni che però non potevano seguirli più di tanto perchè dovevano stare a faticare nei campi.
Don Igino col sostegno di sacerdoti suoi amici e per interessamento di personalità politiche del nostro collegio elettorale (saltano agli occhi i nomi di Andrea Negrari, Giovanni Gronchi che presto sarà presidente della Repubblica, Alberto Del Nero) riuscì a far partire il cantiere di costruzione del villaggio nella selva di Filetto.
Si impegnò pure negli studi da Geometra per poter progettare gli edifici del Villaggio comprendenti il collegio, le aule della scuola elementare e professionale, la cappella e il salone per proiezioni cinematografiche.
Il villaggio accoglieva già all’inaugurazione una trentina di ragazzi. Esperto con diploma abilitante di geometra don Igino segue con la massima e competente dedizione i lavori di costruzione e si adatta ad ogni tipo di lavoro manuale e di servizio. Maria, Elena e Palmira sono tre parrocchiane che lo aiutano fino a quando il Villaggio è rimasto in funzione per centinaia di ragazzi.
Migliorate le condizioni economiche si ridusse moltissimo il bisogno di dare accoglienza a ragazzi e il villaggio nel 1995 dal vescovo mons. Eugenio Binini fu affidato a una fraternità sacerdotale, l’Opus Mariae Matris Ecclesiae, un Centro di spiritualità e cultura per la nuova evangelizzazione, diretto da don Pietro Cantoni, che ha posizioni piuttosto tradizionaliste. Il gruppo dei sacerdoti presta servizi in una trentina di parrocchie della diocesi.
Da tre decenni il Villaggio è affidato
all’Opus Mariae Matris EcclesiaeEsauritasi la funzione per la quale era nato, nel 1995 il vescovo Binini ha assegnato la struttura del “Villaggio” all’Opus Mariae Matris Ecclesiae, la fraternità sacerdotale fondata da don Pietro Cantoni e costituita da alcuni sacerdoti e studenti, affinché diventasse centro di spiritualità e cultura cristiana al servizio della nuova evangelizzazione.
In questi trent’anni l’Opus Mariae ha proseguito il compito ad essa affidato, formando numerosi sacerdoti – la maggior parte dei quali ancora al servizio della diocesi di Massa Carrara – Pontremoli – e dedicandosi alla predicazione, alla formazione culturale, alla diffusione degli esercizi di sant’Ignazio.
A questo si aggiungono le 29 parrocchie affidate ai suoi membri. Un numero che sale ancora se si sommano quelle di chi, formato nella casa di Filetto, ha poi deciso di lasciare la comunità.
Il Villaggio del Fanciullo è così diventato in breve tempo, ed è tuttora, un vero centro di spiritualità per tutto il territorio della Lunigiana e della diocesi. Una degna eredità, a maggior gloria di Dio, del progetto di Maria Luisa e di don Igino Dodi. (T.F.)
Prima che a Filetto una Casa del Fanciullo aveva avuto la sua prima collocazione a Vallescura, sulla strada che da Bagnone porta a Castiglione del Terziere e a Merizzo. Una villa detta Ca’ Rossa ospitò dal 1950 una trentina di bambini quasi tutti figli di emigranti per lavoro in pianura padana. Don Igino Dodi volle toglierli dalla strada.
Il 31 agosto 1954 fu solenne e commovente la festa di inaugurazione col vescovo Sismondo, il Prefetto e moltissime personalità laiche ed ecclesiastiche. Con immensa commozione parlarono don Dodi e don Marco Mori, il senatore Alberto Del Nero che assicurò l’appoggio delle Autorità.
Il vescovo ringraziò don Igino per avere con zelo apostolico realizzato un’oasi di pace quale l’aveva sognata Maria Luisa e a lei dedicata. Nel 1954 il Villaggio era pronto a Filetto e vi fu trasferito.
La cronaca dell’inaugurazione affidata alla penna di Roberto Micheloni insiste sull’atmosfera di serenità e di speranza della giornata che inaugurava un’opera grandiosa, in contrappunto con il “prete minuto e modesto” che l’aveva realizzata. Oratore ufficiale Alberto Del Nero che elogiò l’opera sacerdotale offriva guida, assistenza e ogni cura in un’altra famiglia.
La seconda inaugurazione fu solenne come quella a Vallescura con le stesse presenze e con quasi tutti i parroci della diocesi e i familiari dei bimbi ospitati, che allietarono con un bel coro finale.
Profonda riconoscenza fu da tutti espressa per tanta impresa che si inseriva come unità viva e operante nella vita sociale e diede sicuri frutti di valore educativo e morale. Nel presente importante lavoro di cura sui minori è affidato alle case famiglia e alla Charitas.
Maria Luisa Simoncelli