Con il fiato sospeso per l’invasione di Gaza
Distruzione Striscia di Gaza causata dal conflitto in corso (Foto ANSA/SIR)

Le notizie sul conflitto in atto tra lo Stato di Israele e Hamas presentano una continua alternanza tra deboli segnali di attività diplomatiche e azioni di guerra che sembrano chiudere ogni speranza alla via per la pace.
Tra i primi troviamo l’apertura, sia pure limitata a due occasioni, del valico di Rafah, nella giornata di lunedì 23. Una la mattina per il transito di venti tir diretti a Gaza con viveri, acqua e medicine, ma non carburanti, che sarebbero indispensabili per i gruppi elettrogeni degli ospedali, giunti ormai allo stremo delle risorse.
L’altra apertura, invece, è avvenuta verso sera, in direzione apposta, per il rilascio di due donne, con doppio passaporto israelo-canadese, consegnate da Hamas alla Croce Rossa.
Sul versante militare, al termine di due giorni di bombardamenti, Gaza è in frantumi. Secondo Hamas, sarebbero state colpite anche molte aree interne nel sud, dove, su invito di Tel Aviv, molti abitanti della Striscia si erano rifugiati.
Israele, da parte sua, parla di centinaia di postazioni militari di Hamas centrate. Di certo, salgono anche le vittime civili.
Resta aperta la nefasta prospettiva di una invasione di Gaza via terra da parte dell’esercito israeliano. Per il momento è stata rinviata, in attesa dell’arrivo di altre formazioni dell’esercito Usa da schierare per impedire ad Hamas di muoversi.
È un po’ tutta la diplomazia mondiale ad intervenire per evitare quella che potrebbe dare il via ad una strage dalle conseguenze per tutta l’area mediorientale.
È stato lo stesso Biden a chiedere uno stop all’avvio di un’escalation militare, con l’appello a non ripetere lo stesso errore compiuto dagli Usa dopo l’11 settembre.
Si risveglia anche l’Ue che, per bocca dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha sostenuto la proposta Onu di “pausa umanitaria”, ricordando che il diritto di Israele di difendersi ha dei “limiti fissati dal diritto internazionale” e dicendosi favorevole alla soluzione dei due Stati.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’impegno dell’Italia, sia per quanto riguarda il Governo che la Presidenza della Repubblica. A questo proposito, Sergio Mattarella ha auspicato che “si cerchi di tornare, per quanto difficile in questo momento, a una strada che possa condurre ad una soluzione condivisa e serena per quelle regioni”.
Drammatico l’appello del Papa all’Angelus di domenica in favore di quanti sono coinvolti nel conflitto: “Si aprano degli spazi, si continuino a far arrivare gli aiuti umanitari e si liberino gli ostaggi” perché “la guerra, ogni guerra che è nel mondo, penso anche alla martoriata Ucraina, è una sconfitta, è una distruzione della fraternità umana. Fratelli fermatevi, fermatevi!”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, in un colloquio telefonico di una ventina di minuti con il presidente Usa Joe Biden, ha poi discusso della necessità di prevenire un’escalation nella regione e di lavorare per una pace duratura in Medio Oriente.