Le elezioni presidenziali in Argentina

Vincono il primo turno i peronisti con Massa. Milei sotto di sette punti

Contro tutti i sondaggi e le previsioni, al primo turno delle presidenziali di Argentina il candidato della coalizione peronista di governo “Unión por la Patria”, Sergio Massa – ministro dell’Economia in un Paese virtualmente in default e con un’inflazione al 140%, l’uomo scelto due volte “per pura disperazione” come candidato di bandiera, quasi sicuro perdente – ha messo in cassaforte un vantaggio di quasi sette punti, ottenendo il 36,28% dei voti, rispetto al candidato anarco-capitalista, liberista e di estrema destra Javier Milei, che con il suo 29,98% non è nemmeno riuscito a superare la soglia psicologica del 30%.
Tutto è ancora comunque in discussione poiché è difficile pronosticare cosa faranno gli elettori di “Juntos por el cambio”, il partito liberale di centrodestra, rappresentato dall’ex ministra del Lavoro e della Sicurezza Patricia Bullrich (23,83%), fino a qualche mese fa grande favorita, e ora “ridotta” a fare da ago della bilancia in una sfida tra due alternative per lei non particolarmente stimolanti.
“Dopo una carriera politica di tre decenni piena di zig-zag, Massa ha sconfitto sia gli avversari che le aspettative”, commenta da Buenos Aires Gabriel Puricelli, coordinatore del Laboratorio di politiche pubbliche. “Può darsi che riesca ad estendere il suo consenso e a raccogliere nuovi voti ma per lui non sarà facile perché la contrapposizione tra peronisti e liberali (eventuali alleati al ballottaggio) in passato è stata fortissima”.
Con la sua strategia discorsiva e un’intensa mobilitazione dei governatori provinciali peronisti, in ogni modo, è riuscito a ricostruire lo status di prima minoranza che il partito al governo aveva perso e ha iniziato a convincere che Milei rappresenta una minaccia autoritaria.
Quest’ultimo è un candidato “spiazzante”, con proposte che vanno dal taglio indiscriminato della spesa pubblica (spesso, nei comizi, si è presentato con una motosega a simboleggiare il “taglio”) al proposito di rinunciare ai debolissimi pesos, ormai considerati “carta straccia” a causa della forte inflazione, per adottare il dollaro statunitense come moneta. Negazionista sul cambio climatico e sul Covid-19, negli ultimi due anni ha inondato i talk show, insultando un po’ tutti, a partire da Papa Francesco. È votato dall’estrema destra, soprattutto i giovani, maschi, sotto ai 23 anni, ai quali si sono aggiunti quanti vivono un malessere sociale molto diffuso.
Un ruolo importante potrebbe giocarlo anche la Chiesa argentina. Prima delle elezioni, i vescovi hanno affermato di non voler sostenere alcun candidato, “ma in nessun modo rinunceremo alla vocazione primaria di annunciare il Vangelo nella libertà”; mentre i sacerdoti che prestano servizio nella periferia di Buenos Aires hanno dichiarato di credere “che la divinizzazione del mercato porti alla disumanizzazione, dimenticando i più deboli”.