Si fa presto a dire, come afferma l’art.1 della Costituzione, che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro…”. Per troppi, restano parole lontanissime dalla realtà, visto il dilagare della disoccupazione con la lista inesauribile delle conseguenze. Anche quest’anno, in piena pandemia Covid-19, il 1° Maggio: festa del lavoro ci ricorda le lotte per i diritti dei lavoratori, in origine per la riduzione della giornata lavorativa. Le otto ore lavorative verranno dichiarate legali solo con il Regio decreto legge 692 del 1923. Da allora tanta acqua è passata portando e travolgendo rapide trasformazioni.
Anche nel settore del lavoro. Il posto fisso, magari statale, è stato sogno di milioni di Italiani, in gran parte realizzato con l’attesa sicura del famoso “27” del mese in cui si riscuoteva lo stipendio. Oggi non solo è utopia il posto fisso, ma qualsiasi altro lavoro, ad esclusione di quello svolto “in nero” che purtroppo svantaggia chi lo fa, privo di versamenti previdenziali indispensabili per la pensione (sempre che sia mantenuta poiché l’aria che tira è da brividi…), e chi lavora onestamente dando a “Cesare quello che è di Cesare” ossia pagando fino all’ultimo centesimo di tassazione. In questo lungo periodo di clausura, rispettando le norme stabilite, che ha travolto e sconvolto, la domanda ricorrente è “Cosa succederà quando arriverà lo stop del Governo per dare stura alla fase due, ossia quella della ripartenza? Si rialzeranno le tante saracinesche abbassate delle piccole imprese, dei bar, dei ristoranti, luoghi pubblici…?”.
Sentiamo il peso dell’emergenza della vita appesa a decisioni lontane, fra battibecchi e litigi politici davvero assurdi in contesti pregni di problemi come quelli attuali, delle notti e dei giorni che scorrono senza lavoro, minando presente e futuro.
Per l’emergenza sanitaria niente Piazza S. Giovanni:
il “concertone” ci sarà, ma solo in TVDa tre decenni le note del concerto di piazza San Giovanni a Roma organizzato da CGIL, CISL e UIL accompagnano il Primo Maggio: anche in questo 2020 caratterizzato dalla pandemia da coronavirus. Ma si può seguire solo in TV, su Rai Tre dalle 20 alle 24. Sulla stessa rete, alle 12,20, i tre leader sindacali Landini, Furlan e Barbagallo partecipano ad uno speciale emergenza sanitaria, lavoro e ripresa produttiva.
Quest’anno la manifestazione nazionale doveva svolgersi a Padova, ma è stata ovviamente annullata. Resta il tema: “Lavoro in Sicurezza: per Costruire il Futuro” per ricordare che “il lavoro è la leva fondamentale per restituire una prospettiva credibile per il futuro del nostro Paese”.
C’è bisogno di chiarezza, di competenza, di responsabilità, di affidabilità in questo drammatico tornante della storia; un tempo eterno e nebuloso nella tragedia epocale che stiamo vivendo. Si dice e si disdice in una giostra di proposte che restano nell’aria pronte a dissolversi alla prima bava di vento.
Il decreto “Cura Italia” che frutti ha prodotto? Indennità, prestiti, voucher baby sitter, liquidità alle imprese… dove sono finiti? Che strada hanno imboccato mentre le famiglie italiane si scontrano con la fatica di arrivare a fare la spesa ed a pagare tasse e balzelli con il paradosso di vederli pure aumentare. Intanto il lavoro langue. Certo al primo posto la salute però attrezziamoci seriamente per una ripartenza in sicurezza, anche prevedendo ispezioni e multe vere per chi non rispetta i criteri. Il lavoro è dignità oltre che via privilegiata per tenere in vita uno stato democratico e civile.
Auguriamoci che il 1° Maggio sia meno sonante di slogan e maggiormente segnato da uno scatto di resipiscenza da parte della dirigenza pubblica del nostro Paese. Affinché si possa festeggiare realmente “la festa dei lavoratori!”.
Ivana Fornesi