Giorgio Vasari  “scrittore nato e non fatto sui libri”

Il grande architetto, pittore e autore delle “Vite” moriva 450 anni fa a Firenze: era il 27 giugno 1574

Giorgio Vasari, “Sei poeti toscani” (1544)

Fivizzano “fiorentina” è in mostra fino al 30 settembre, svela se stessa nell’allegoria riprodotta dell’opera di Giorgio Vasari nato ad Arezzo nel 1511 e morto nel 1574 come il primo granduca Cosimo Medici, di cui fu l’architetto ufficiale di corte.
Pittore di buona qualità e ancora più eccellente nell’architettura, ideò la sistemazione della Galleria degli Uffizi, costruì l’eponimo “corridoio vasariano” lungo circa un chilometro che collega con palazzo Pitti e giardino di Boboli di là d’Arno, oggi esposizione museale ma poteva essere utile come via di fuga.
Ristrutturò e decorò Palazzo Vecchio e a Pisa il palazzo dei Cavalieri, contribuì molto al riassetto delle principali strade toscane voluto dalla politica di lavori pubblici del granduca Cosimo I, rifornì l’acqua per Arezzo con “l’acquedotto vasariano” con 52 arcate per superare gli avallamenti alla maniera dei Romani, un’opera di buona ingegneria idraulica. Lavorò anche a Roma sollecitato a occuparsi di architettura e a scrivere Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri, una prima storia dell’arte che ha fornito nozioni e giudizi ai futuri storici dell’arte.

Giorgio Vasari (1511 – 1574)

Sono più di 200 biografie di artisti da Cimabue al pieno Rinascimento in cui Vasari esalta le singole personalità in concordanza con la concezione che l’arte è imitazione della natura e fa un suo percorso di progresso connesso all’evoluzione creativa e culturale delle singole grandi personalità.
Vasari ha coniato il termine “Medio Evo” in senso negativo come un tempo intermedio di scarso valore tra la grandezza dei classici e il risorgere a grande splendore della civiltà del Rinascimento che tocca l’espressione più alta nel genio di Michelangelo.
Per noi moderni il concetto del progresso dell’arte è falso, l’arte è immaginazione, è creatività che fiorisce in ogni tempo, Vasari invece lega l’aumento della bellezza dell’opera al progredire delle tecniche e delle maniere di disegnare, dipingere, scolpire. Il primitivo, il romanico è poco valutato come anche lo stile proprio da lui denominato “gotico” , nel senso di “barbaro, mostruoso, confuso e disordinato”.
Sono giudizi che muovono dal suo forte senso della dignità e dalla vitalità creatrice dell’intelligenza propria degli umanisti, “imitatori originali” dei classici. Così ammiratore di Michelangelo Vasari comprese poco gli artisti operativi al di fuori della Toscana.
Nelle Vite Vasari distingue nella storia della scultura tre età: abbandonata “la maniera dei primi” ci fu la rinascita tra metà del Duecento e fine Trecento rappresentata da Andrea e Nino Pisano coi loro discepoli: le loro statue cominciarono a parere persone vive. Il Quattrocento è la seconda fase con Jacopo della Quercia, Filippo Lippi, Lorenzo Ghiberti e Donatello; le figure hanno più moto e più grazia e più disegno… e miglior proporzione.
La fase sublime è il Cinquecento rappresentato dalla perfezione di Michelangelo in tutte le tre arti figurative. Anche nella pittura, da Giotto, che cercò quel che vedeva nel naturale, si passò a Masaccio che cambiò radicalmente per una nuova maniera di colorito, di scorci, d’attitudini naturali, e molto più espressi i moti dell’animo e osò metter regola alle prospettive.
Ma Vasari per gli storici dell’arte è importante più come poeta che come critico; figlio del suo tempo, dà espressione alla viva personalità degli artisti e maestri e sa trasmettere emozioni nella narrazione delle opere.
Scrive Natalino Sapegno “quando narra o descrive ha una sua potenza comunicativa spontanea e schietta, un’onesta franchezza e freschezza di linguaggio che rivela lo scrittore nato e non fatto sui libri”. Gorgio Vasari fu uomo libero e coerente nelle sue relazioni personali: legato a Cosimo I e ammiratore di Michelangelo in anni decisivi e difficili. Rimase legato ai Medici, cacciati nel 1527 da Firenze ritornata per poco repubblicana.
Cosimo con la forza delle armi di Carlo V d’Asburgo imperatore tornò al potere nel 1530, con riforme istituzionali e leggi autoritarie consolidò il suo potere assoluto anche con una politica di estensione territoriale.
Forte e deciso, Cosimo I intervenne presso Carlo V per mantenere il possesso di Fivizzano nel momento occupato da truppe spagnole in marcia verso la Lombardia, sostenne i Malaspina in tensioni di frontiera specialmente contro Lucca nel territorio di Montignoso e riuscì s prendere Siena.

Maria Luisa Simoncelli