Anche il grano può essere usato come arma
Foto Ansa/Sir
Foto Ansa/Sir

Tante le attese e le speranze, scarsi – per non dire inesistenti – i risultati dell’incontro tra Putin e Erdogan a Sochi. A voler essere cinici, il fatto che l’autocrate russo abbia definito il faccia a faccia “un successo” non fa altro che confermare la tesi sopra esposta. Questo perché il tema principale era la definizione di un nuovo accordo che permettesse all’Ucraina di riprendere l’esportazione del grano, sospesa a partire dal mese di luglio, quando Putin ha ritenuto che non ci fossero più le condizioni per continuare ad applicare l’accordo raggiunto con fatica lo scorso anno. Mosca, a detta del suo leader, si sente ingannata dall’Occidente; vuole il ritiro delle sanzioni sulle esportazioni e denuncia l’uso che l’Ucraina farebbe dei corridoi concordati per colpire la Russia con atti terroristici. Impossibile esporre tutto ciò che sta dietro a questa “guerra del grano” dei nostri giorni.

Di vendere ha bisogno l’Ucraina: a seguito dell’accordo, nei mesi scorsi ha esportato più di 30 milioni di tonnellate di grano. La Russia non è in una situazione migliore, se vuole mantenere vive le entrate per compensare le spese legate alla guerra: una stima del Dipartimento dell’Agricoltura americano calcola che, alla fine della stagione 2022/23, la Russia avrà esportato 45 milioni di tonnellate di grano (36% di aumento rispetto all’annata precedente), prevalentemente verso Turchia, Egitto, Iran, Arabia Saudita, Sudan e Algeria. Infine, di grano – e soprattutto di grano a buon prezzo – hanno bisogno tutti, Europa (e Italia) in testa, ma anche tanti Paesi oppressi dalla carenza di cibo, che ricevono aiuti consistenti dagli enti internazionali di assistenza. Dall’incontro di Sochi è uscita confermata, invece, l’intenzione della Russia di stabilire accordi con alcuni Paesi africani più bisognosi di derrate alimentari, in modo da ottenere nuovi consensi in quel continente, andando così a modificare equilibri consolidati.

Ancora una volta bisogna sottolineare l’inconsistenza dell’Ue sul piano diplomatico: tutte le trattative con Putin, a quanto appare, sono lasciate in mano alla Turchia che, infatti, tramite il suo presidente, può affermare di aver “preparato un nuovo pacchetto di proposte in consultazione con le Nazioni Unite” e dirsi fiduciosa che potrebbe ottenere risultati positivi e permanenti. Intanto qualcosa si muove in campo ucraino: il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha presentato le sue dimissioni a Zelensky, che le ha accettate e nominerà al suo posto Rustem Umerov, suo fedelissimo, esperto negoziatore, originario della Crimea. Secondo molti osservatori, a lui – ritenuto integerrimo – sarebbe affidato il compito di vigilare sulle consegne di armi all’Ucraina e, in prospettiva, di avviare un possibile negoziato sul destino della sua terra d’origine.

Antonio Ricci