June Di Schino e i segreti del credenziere di Alessandro VII

Al Premio Bancarella della Cucina un libro sull’arte dolciaria barocca

di SchinoNella giornata del Bancarella Cucina si è inserita con buona armonia la presentazione di un libro di June Di Schino, una signora di raffinata semplicità che consulta archivi e biblioteche per trovare carte e immagini che vengono dal passato e dalle cosiddette arti minori. Dopo cinque anni di ricerche e quasi tre di trascrizione del manoscritto, ha pubblicato “Arte dolciaria barocca. I segreti del credenziere di Alessandro VII. Intorno a un manoscritto inedito”.
Il credenziere è un particolare artigiano, è creatore di un’arte minore ma di sicuro valore storico e anche scientifico. Il nostro è Gerolamo Mei che ha lasciato un manoscritto di 220 ricette disegni e stampe di oggetti e figure in miniatura fatte di un materiale che sorprende: lo zucchero solidificato. Al servizio del potente papa senese Alessandro VII Chigi, espresse al massimo la sua genialità creativa per allestire le sale da pranzo di palazzo Chigi oggi locato in affitto come sede del governo.
Le credenze più o meno maestose sono state e continuano ad essere un mobile che dà tono ad una casa, conserva esposte le porcellane, i cristalli di famiglia; se ne trovano ancora di ottima qualità nelle terre di provincia a testimoniare una cultura che forse ci salverà. Nei palazzi dei potenti le credenze erano esposizioni a muro o su grandi tavoli di creazioni fantasiose con figure di divinità, fiori, animali, personaggi veri del tempo, era un’arte per dimostrare il potere e la cultura dei membri della famiglia. Le illustrazioni del libro sono fastose, colorate, sono fiori e filoni di zucchero, veri capolavori  che durano solo nel momento, ogni volta diversi, come il cibo, che veniva preparato con  abbondanza e in una immensa varietà di ricette e fantasiose presentazioni. Il dolce era nella tavola barocca un’icona, apriva e concludeva il pranzo.
Placido da Cremona, autore del primo libro di cucina a stampa, sostiene che ogni vivanda è migliorabile con lo zucchero; a Venezia arrivava zucchero di canna, quello da barbabietola si ricaverà dopo, in gran quantità per creare fiori e veri e propri giardini, personaggi su disegni di artisti come Bernini e Pietro da Cortona. Nei meandri delle cucine dei grandi palazzi sono reperibili tracce del fasto della tavola, trionfi di vivande, di marzapane.
Il ricettario del Mei apre un tempo di edizioni di libri di cucina e ricette, che sempre sono espressione anche di cultura materiale, economia, costumi. Il credenziere doveva anche far splendere gli argenti, confezionare le vivande, preparare le acque e anche piegare con arte i tovaglioli. Il barocco a tavola crea l’effimero di una festa e di un cibo, però si colloca in piena rispondenza con la grande civiltà dell’arte del barocco che fa della novità, della metamorfosi, dell’effimero, dello stupore la sua sostanza, nell’età della rivoluzione copernicana che dà lo smarrimento di pensare un mondo alla rovescia e dell’incertezza con cui ogni verità si manifesta all’uomo alle soglie dell’età moderna.