Clima di tensione e paura in Myanmar

I militari hanno assunto il potere e dichiarato lo stato di emergenza

Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1991

In Myanmar tutti chiusi in casa. A Yangon la gente ha paura e non sa a chi rivolgersi per chiedere informazioni su quanto sta accadendo. Le comunicazioni avvengono via messanger ma Internet e telefono sono stati chiusi o così pare. Si teme che la chiusura totale del web avvenga da un momento all’altro. Anche su questo c’è confusione.
A parlare della situazioneè una fonte Sir. Tutto è precipitato lunedì scorso, dopo che Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), è stata arrestata dai militari. Anche il presidente Win Myint e altri leader sono stati “catturati” nelle prime ore della mattina e tutti i poteri sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate. Forti i timori di un colpo di stato. L’esercito ha dichiarato lo stato di emergenza. I militari denunciano da diverse settimane frodi durante le elezioni legislative dello scorso 8 novembre, vinte in modo schiacciante dal partito di Suu Kyi.
In quella occasione, il partito del premio Nobel per la pace nel 1991, molto criticato a livello internazionale per la gestione della crisi musulmana Rohingya ma ancora sostenuto dalla maggioranza della popolazione, ha ottenuto oltre l’82% dei 1.117 seggi. L’USDP, composto da diversi ex ufficiali militari, ha prevalso solo in 71 seggi ma non ha accettato i risultati del voto, denunciando milioni di casi di frode.
Gli arresti sono avvenuti poche ore prima della riunione inaugurale del Parlamento recentemente insediato. Immediate le reazioni di condanna da parte delle leadership di tutto il mondo. Il presidente Joe Biden è stato informato sugli eventi in Birmania e ha dichiarato di opporsi “a ogni tentativo di alterare il risultato delle recenti elezioni o impedire una democratica transizione”.
L’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, ha condannato fermamente il colpo di stato dei militari in Birmania e chiesto “un immediato rilascio dei detenuti”, aggiungendo che “i risultati elettorali e la costituzione devono essere rispettati”. Sulle stesse posizioni Il premier britannico Boris Johnson. È molto preoccupata Cecilia Brighi, presidente dell’associazione ‘Italia-Birmania insieme’.
“È un disastro, dichiara al Sir, siamo tutti allibiti. C’erano delle avvisaglie, perché l’esercito aveva già minacciato un colpo di stato dopo le elezioni”. Si sta lavorando a una raccolta di firme per chiedere al governo italiano, alla Ue e al Consiglio di sicurezza dell’Onu dure sanzioni contro i militari e l’adozione di “tutte le misure utili a ripristinare lo Stato di diritto”.
Si aspetta di vedere cosa farà la Cina, che ha forti interessi nella zona. Per le minoranze etniche e religiose (cristiani e musulmani), già perseguitate, si prospetta un duro periodo. In loro difesa si era pronunciato il Papa nel 2017, in occasione del suo viaggio nel Paese, invitando le autorità a cercare la via della pace.