La 57.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Quest’anno cade il 3 maggio. Lo slogan: “Datevi al meglio della vita”

15VocazioniNella quarta domenica di Pasqua, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, istituita da San Paolo VI nel 1964. Quest’anno il 57.mo appuntamento cade il 3 maggio e l’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni ha scelto come slogan: “Datevi al meglio della vita” (Francesco, Christus vivit, 158.143) che evidenzia lo stretto legame tra vocazione e felicità. Quando si parla di vita felice, spesso si immagina una vita tutta gioiosa, senza problemi, senza pensieri (cf. Francesco, Gaudete et exsultate, 75-76). Talvolta anche la vocazione, la vita cristiana, è stata annunciata così, come se la vita nuova promessa dal Vangelo introducesse ‘in un’altra vita’ senza dolori, contraddizioni, fatiche. La felicità ha a che fare con la fecondità, una vita felice è una vita feconda; in questa prospettiva, il tema è vocazionale (cf. Francesco, Evangelii gaudium, 278). Fecondità, fa rima con ‘relazione’ – non si può essere fecondi da soli – e ‘vocazione’ conduce, alla sua radice, alle sorgenti della fecondità: “Per quanto tu possa vivere e fare esperienze […] non conoscerai la vera pienezza dell’essere giovane se non incontri ogni giorno il grande Amico, se non vivi in amicizia con Gesù” (Francesco, Christus vivit, 150).
37Papa_Francesco1Ogni chiamata sorge da una Parola del Risorto sentita come vera per sé, cresce nella relazione con Lui. Ci aiutano a capirlo le parole degli ultimi Pontefici. “Ci sono dei momenti in cui percepiamo all’improvviso: sì, sarebbe propriamente questo – la ‘vita’ vera – così essa dovrebbe essere. A confronto, ciò che nella quotidianità chiamiamo ‘vita’, in verità non lo è. Agostino, nella sua ampia lettera sulla preghiera indirizzata a Proba, una vedova romana benestante e madre di tre consoli, scrisse una volta: in fondo vogliamo una cosa sola – ‘la vita beata’, la vita che è semplicemente vita, semplicemente ‘felicità’. Non c’è, in fin dei conti, altro che chiediamo nella preghiera. Verso nient’altro siamo incamminati – di questo solo si tratta” (Benedetto XVI, Spe salvi, 11).
39canonizzazioni_PaoloVI1Il nostro invito chiama essenzialmente, voi lo sapete, al rinnovamento interiore e alla riconciliazione nel Cristo. Ne va la salvezza degli uomini, ne va la loro felicità completa” (Paolo VI, Gaudete in Domino, I).
In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società rendendola più umana e fraterna” (Giovanni Paolo II, Veglia a Tor Vergata, 19 agosto 2000).
14SantoL’immagine scelta per questo anno pastorale e dunque per la Giornata è una tempera su cartoncino di Stefano Nava, ricca di riferimenti biblici nascosti nella scena. Il motivo principale è l’annuncio che il “meglio della vita” è Gesù, raffigurato al centro e riconoscibile per due ‘indizi’: l’abito rosso rivestito di blu, colori tipici per indicare la duplice natura umana e divina di Cristo e la sciarpa a righe orizzontali che vuole ‘simboleggiare’ il – tallit – il mantello della preghiera del quale è sufficiente toccare un lembo per essere guariti (Mt 9,20; Mt 14,36).
Appena dopo l’incontro con Gesù i due giovani intuiscono la promessa del loro futuro – la loro vocazione, il meglio di loro stessi (ChV 257) – raffigurata dalle loro stesse ombre che, proiettate in avanti, danzano la vita. La felicità, la fecondità, la vocazione è sempre in movimento, in avanti, ‘per’ qualcuno (ChV 286). I due guardano Gesù, forse ancora non lo hanno riconosciuto, ma sono accesi di quella promessa che avvince senza costringere, sempre lascia spazio alla libertà nella sequela (Lc 18,27).
All’alba (Mt 20,1; Mt 28,1; Gv 21,4) dell’incontro, il Risorto è già un passo oltre, sempre in cammino. Il dipinto è ricco di segni che ricordano coloro che dopo l’incontro con il Signore, hanno riconosciuto la loro vocazione: sullo sfondo la casa di Zaccheo con accanto il sicomoro (Lc 19,1-10) e lì accanto la punta della barca di Simone ed Andrea (Mc 1,16); poco più avanti la brocca dimenticata dalla Samaritana (Gv 4,28) e il fuoco di brace ancora acceso dopo il pranzo di pesce arrostito consumato con il Risorto (Lc 24,36-42; Gv 21,1-9). Ancora, sulla sinistra, le monete lasciate da Matteo (Mt 9,9; Lc 5,27) e ai piedi di Gesù, il vaso di nardo, di cui ancora sentiamo il profumo, insieme al Vangelo (Gv 12,3; Mc 14,1.9).
Sulla sinistra alcuni alberi che iniziano a germogliare (Is 61,11) perché c’è un motivo per cui alzarsi (Ct 2,10) e decidersi a spendere la vita: c’è un inverno che sta finendo e qualcosa di nuovo che sorge (Is 43,19) e si impone come la scelta da fare, la via da prendere, qualcuno per cui spendere tutta la propria vita (EG 273).

Don Fabio Arduino
Direttore del Centro Diocesano Vocazioni