La globalizzazione va “addomesticata”, non può essere negata
I populisti, che combattono contro il sistema democratico, si compiacciono di essere anche oppositori della globalizzazione. Essi sostengono che l’establishment politico abbia voluto la globalizzazione che ha causato la perdita dell’identità culturale e nazionale e ha fatto sì che una parte della popolazione si sia persa per strada e sia stata sganciata dallo sviluppo economico. Come rimedio offrono il ritorno allo Stato nazionale, garante della protezione contro la globalizzazione e la restituzione alle persone non solo del loro benessere, ma anche della dignità.
Di fatto, l’esperienza del XX secolo mostra come una tale politica agisca in maniera distruttiva e come sia fondamentalmente sbagliato considerare la globalizzazione come un obiettivo della politica o come il risultato di una politica. Non è nelle mani della politica il permettere una minore o maggiore globalizzazione: essa è – come il suo fratello gemello, il progresso – un continuum della storia umana. È iniziata con la data della creazione o – teologicamente parlando – con l’incarico dato al momento della creazione: “Soggiogate la terra!”. Così è stato messo in moto uno sviluppo che sulla terra ha determinato in modo dinamico l’essere e il divenire in tutte le sue dimensioni.
Sul piano materiale, le persone hanno forgiato sempre più strumenti e circostanze che permettessero loro di riuscire ad affrontare sempre meglio il proprio contesto, ma anche di partire da esso verso contesti nuovi. Sul piano della comprensione, della conoscenza e della consapevolezza, fin dall’inizio ci sono stati progressi e ampliamenti nel senso della globalizzazione, che nel corso dei secoli e dei millenni hanno sostenuto le persone a intraprendere attività a tutto campo, la loro voglia di scoprire e anche di conquistare. La presenza di aspetti negativi che possono spingere le persone a criticare la globalizzazione non sono sufficienti per indurre ad abbandonarla o per farla tornare indietro, cosa impossibile.
La globalizzazione e il progresso possono, però, essere governati in modo tale da portare beneficio al maggior numero di persone possibili. La sfida sta anche nello sviluppo delle capacità con cui far fronte alle nuove condizioni di vita e sostenere la crescente concorrenza tra un numero sempre maggiore di attori. Questo non è possibile senza la perdita di vecchie certezze e senza dire addio a vecchie abitudini. Prerequisito per addomesticare la globalizzazione è anche il creare in questi spazi allargati sistemi politici che siano in grado di rispondere alle sfide, anche attraverso la strutturazione di equi rapporti tra i partner interni e con i partner commerciali in tutto il mondo. Tale spazio politico è, per l’Europa, l’Unione europea. È il risultato e quindi parte della globalizzazione, ma allo stesso tempo ne è anche una risposta.
(T. J. – Agensir)