Ha fatto bene ogni cosa

Domenica 8 settembre – XXIII del Tempo Ordinario
(Is 35,4-7; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37)

Molti dei contemporanei di Gesù ritenevano che la venuta del Re Messia fosse accompagnata da prodigi particolari, come guarigioni miracolose e riscatto degli ultimi (Lc 4,18-19). Con il miracolo compiuto sul sordo-muto Gesù dimostra concretamente che il Regno di Dio è venuto, ma stranamente questo segno si compie su una persona che non fa parte del popolo di Israele.
1. Il Messia è per tutti i popoli. Gesù è il messia predetto non solo per Israele, ma per tutti i popoli, perché quando il popolo diventa sordo, Dio si rivolge a chi si mette in ascolto con gli orecchi del cuore.
L’episodio ascoltato dovrebbe farci riflettere sulle chiusure elitarie delle nostre associazioni che si consolano dialogando solo al loro interno e guardano gli altri dall’alto in basso. Esse si rispecchiano benissimo nelle parole di San Giacomo: “Tu mettiti là, in piedi”, “tu siediti per terra”, perché non sei in grado di capire i nostri ragionamenti e quindi di partecipare alle nostre celebrazioni.
2. In cammino verso la comprensione del Regno. L’accoglienza del Regno messianico cammina di pari passo con la crescita nella docilità filiale verso Dio Padre e nella solidarietà fraterna aperta a tutti.
Non si può essere discepoli se non si vive una vita veramente religiosa a contatto con Dio, perché l’aiuto viene dal Signore, non dalle proprie capacità. Inoltre la consolante certezza di aver ricevuto il deposito della rivelazione ci obbliga a condividere con il prossimo quanto abbiamo ricevuto.
I doni di Dio sono per tutti: se qualcuno ritiene di avere qualche vantaggio, lo condivida con chi fa più fatica nel cammino della fede, perché non condividiamo un bene che ci appartiene, ma un bene che abbiamo ricevuto.
3. Ha fatto bene ogni cosa. Il sordo-muto guarito apre la bocca per esprimere lode e ringraziamento: “Ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti”.
Chi nella propria vita ha attraversato un periodo di ristrettezza per mancanza di beni materiali o per condizionamenti fisici, è cresciuto anche nella valutazione dei beni essenziali della vita. Sa riconoscere il valore dei beni che riceve e comprende la situazione di disagio di chi ne è privo.
Alla logica mondana del possesso sa anteporre la gratuità del servizio, perché è partecipe delle gioie e delle sofferenze di tutti, è attento e rispettoso verso ciascuno, e insieme testimone del dono ricevuto dall’alto. Chi non è passato attraverso la sofferenza è portato ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni che sono perfette perché astratte.
Spesso assume uno stile di controllo, di durezza, di normatività. Quando la persona trova soddisfazione nei suoi progetti o nelle opere da lui compiute, non è più disponibile a un discorso di fede nella Provvidenza e di comprensione verso i bisognosi nel corpo o nello spirito.

† Alberto