Grazie a condizioni meteo eccezionali, la costruzione della pira è diventata occasione per introdurre bambini e ragazzi delle scuole locali nel mistero della tradizione
Se la frase corrente in queste occasioni resta “a memoria d’uomo”, possiamo proprio dire che nessuno di quanti abbiamo incontrato per l’occasione ricordava una situazione meteo così propizia per fare il falò di San Geminiano.
Così, il grande spiazzo sottostante il ponte della “Crḗŝa” non è stato soltanto un luogo di grande animazione per la presenza dei tantissimi fuochisti impegnati nella costruzione della enorme pira, ma, a partire da lunedì 29, è stata un continuo via vai di bambini della Materna, delle Elementari e di ragazzi di Medie e Superiori che si sono aggirati tra le fascine di ulzi, quercioli e ginestre ad osservare con attenzione gli indaffaratissimi costruttori per carpire i segreti di un’operazione in apparenza semplice ma piena di tanti segreti, le cui radici affondano nei misteri della storia.
Puntuale anche l’accoglienza dell’organizzazione che ha provveduto ad offrire ad ognuno quanto necessario per rendere indimenticabile la giornata, già fatta incredibile dal coinvolgimento spontaneo nell’evento. Inutile dire che in tanta dovizia le attese intorno all’appuntamento di mercoledì sera si siano fatte davvero incredibili, nella consapevolezza che, non cambiando il tempo, lo spettacolo sarebbe stato sicuramente irripetibile.
Un dubbio, però, si stava insinuando in tanti che assistevano all’immane lavoro dei fuochisti. Ovvero la pira, innalzata in tutta sicurezza con una maestria indiscutibile, stava salendo troppo, tanto che qualcuno ha provato a suggerire di fermarsi, ma è stato tutto inutile.
Così, la sera della festa del patrono, l’anfiteatro spontaneo formato dai ponti e dalle strade e sentieri circostanti il greto del Verde era gremito al solito da una folla curiosa, trepidante per il momento più suggestivo della serata, quell’accensione corale della pira che si traduce, come sempre, in un fatto collettivo, come se tutti i presenti fossero parte integrante del gesto con il quale la torcia dei fuochisti si insinua frigolando nel cuore della catasta.
Il risultato, una vampa imperiosa è salita verso il cielo illuminando tutti i contorni, con le faville che salivano verso l’alto in una verticalità inusuale, visto che non spirava il minimo alito di vento.
Un risultato stupefacente, fatto di rumori ben noti provocati dal crepitio degli ulzi che smaniavano sotto la spinta della fiamma e da una luminosità altrettanto inusuale che svelava nei particolari i contorni del luogo giungendo a rendere visibili anche le case dell’alto Piagnaro, oltre che la mole imperiosa del Campanone e dei palazzi che incombono sulla piana. Ineccepibile e commovente, fino al momento in cui, esaurita la spinta, la parte bassa della pira non è più stata in grado di dare forza alla fiamma per aggredire la punta ormai troppo lontana, lasciando un vuoto che ha provocato quasi una voragine nello stomaco dei puristi di settore.
Cose da intenditori, direte, cui la gente non fa caso, ma che diventano spunto per un giudizio nel confronto quasi naturale con altri appuntamenti. Purtroppo mancavano le voci critiche più argute e il lò, lò inneggiante a San Geminiano ha messo in disparte tutte le imperfezioni, per guardare all’effetto immediato dell’evento che, senza troppe sottigliezze, è stato davvero eccezionale.
Alla fine, però, mentre vorremmo trovare le parole giuste per ringraziare ed elogiare, da una parte e dell’altra, quanti hanno dato il loro tempo per realizzare ancora una volta due tra gli appuntamenti più importanti della nostra città, ci viene dal cuore, spontaneo, un invito: non costruiamo delle Torri di Babele perché la Bibbia ci insegna a cosa abbiano portato.
Vorremo due falò normali, della giusta corporatura e della giusta altezza, costruiti in tutta sicurezza e che nelle dovute condizioni possano bruciare anche per accontentare i puristi, pronti comunque a concedere le opportune giustificazioni quando le cose non vadano per il meglio.
Chi ha orecchie per intendere intenda, perché il senso della competizione è tutt’altro e non certo uno sforzo superfluo!
Luciano Bertocchi