Bloccati i conti correnti delle diocesi e delle associazioni con la falsa accusa di riciclaggio
L’accusa, pretestuosa, è quella di “riciclaggio”. L’intenzione vera è quella di soffocare in modo “definitivo” la Chiesa cattolica in Nicaragua, prendendola “per fame” e impedendole qualsiasi attività.
Da oltre due settimane, infatti, il regime di Daniel Ortega ha bloccato i conti bancari di numerose diocesi del Paese, della Conferenza episcopale e di altre realtà associative. Una decisione arrivata al termine di una settimana durante la quale si era assistito all’arresto di altri tre sacerdoti e al divieto di qualsiasi processione in occasione della festività di S. Maria Ausiliatrice.
La conferma del blocco dei conti è arrivata dalla stessa polizia che, pur senza entrare nei dettagli, ha comunicato di aver avviato un’indagine su diverse diocesi cattoliche per presunto riciclaggio di denaro. Sempre secondo la polizia, le indagini “hanno portato alla scoperta di centinaia di migliaia di dollari”, nascosti in strutture appartenenti a diocesi del Paese”.
Il card. Brenes, primate del Nicaragua, ha invitato i fedeli “a non avere paura” e “alla calma”, senza “prestare fede a notizie esagerate”. Un’ulteriore conferma sul blocco dei conti è arrivato dalla Pastorale educativa dell’arcidiocesi di Managua, la quale ha annunciato che, dal 7 giugno, il Governo paga, attraverso il Ministero dell’Educazione (Mined), gli stipendi degli insegnanti sovvenzionati che lavorano nelle scuole cattoliche che ricevono fondi dallo Stato.
Questa viene definita da tanti come “l’ultima azione di un lunghissimo elenco” di soprusi orchestrati nei confronti non solo della Conferenza episcopale e delle diocesi, ma anche di singole parrocchie, case di formazione, scuole. “Non so proprio, dichiara dal suo esilio statunitense Martha Patricia Molina, componente del comitato di redazione della testata indipendente ‘La Prensa’, come tutte queste realtà potranno andare avanti”. Sono ben 529 gli episodi di ostilità, e in molti casi di vera e propria persecuzione, che la Chiesa cattolica in Nicaragua ha subito negli ultimi 5 anni, a partire dalle proteste popolari dell’aprile 2018.
Nel lungo elenco troviamo un vescovo incarcerato, mons. Rolando Álvarez, 37 religiosi (tra cui un vescovo) esiliati – e 32 religiose di varie congregazioni espulse.
Inoltre è stato chiuso l’ufficio della Nunziatura vaticana “La Chiesa, conclude Martha Patricia Molina, è perseguitata perché nel 2018 si è schierata con la gente. È importante far conoscere in tutto il mondo questa situazione, che interpella anche la testimonianza dei laici, in un momento in cui, per le nuove imputazioni, tutti i vescovi del Paese potrebbero andare sotto processo e magari finire in carcere”.
B.D. – “La vita del popolo”