Nel 1584 esisteva già ed era officiato della Confraternita dei Disciplinati
L’oratorio di Sant’Antonio Abate si trova all’estremità settentrionale del centro storico di Albiano Magra sul lato settentrionale della piazzetta generata dal nodo che l’asse centrale del borgo medievale forma con il percorso ellittico di aggiramento del promontorio, chiamato in quel tratto via della Torre.
Il nome della via sembrerebbe giustificato da uno schizzo seicentesco dal quale si deduce, pur nell’estrema sintesi formale, che il borgo aveva due torri, una più bassa semidiroccata nella posizione dell’attuale campanile, sopra la chiesa di San Martino, ed una più alta, ancora merlata, che sembra corrispondere proprio al nodo castrense. Ne resta probabile traccia nello spigolo in pietra dell’edificio antistante l’oratorio. Sappiamo che dopo il dominio vescovile Albiano divenne possedimento dei Malaspina e che, intorno alla metà del Trecento, fu un condominio feudale, ossia diviso in due parti dai marchesi dello Spino Secco discendenti da Corrado Malaspina di Mulazzo.
Un paese diviso a metà quindi, con due palazzi residenziali fortificati situati alle estremità opposte del borgo lineare. Nel 1584 l’oratorio di Sant’Antonio abate esisteva già ed era officiato della Confraternita dei Disciplinati che ne portava il nome, il 18 marzo di quell’anno, infatti, fu visitato dal reverendo De Angelis per conto dell’inviato apostolico mons. Angelo Peruzzi. La chiesa era formata da un unico vano con un solo altare e dotata della suppellettile liturgica per celebrarvi la messa ogni quarta domenica del mese. I confratelli si riunivano inoltre nell’Oratorio per recitare l’ufficio divino della Madonna e i sette Salmi penitenziali tutti i venerdì di Quaresima.
Nel 1762 l’edificio fu “incendiato totalmente insieme con tutte le masserizie e sacre suppellettili” ed anche se “tale incendio incoraggiò il popolo a riedificarlo con qualche maggior decenza e decoro” l’opera fu molto difficile e laboriosa. Le volte furono completate nel 1767 ed è ragionevole supporre che le decorazioni a stucco siano coeve o di poco successive.
Nella prima metà del secolo scorso, probabilmente tra le due guerre, le pareti dell’oratorio furono dipinte con una decorazione a stencil più adatta per un interno privato che per un edificio sacro. Non solo, per un eccesso di irrispettosa censura di tutto ciò che sapeva di Barocco, furono ridipinti anche i pregevoli stucchi del nuovo presbiterio, alterate le pigmentazioni originarie, cancellata la frase dipinta sul cartiglio dell’ancona del coro.
Nel 2005 fu eseguito un progetto di restauro delle coperture, delle pavimentazioni e delle decorazioni interne che riacquistarono una leggibilità accettabile. L’altare maggiore è un pregevolissimo altare genovese, ad andamento scalare contrario, con mensa a sarcofago, ben proporzionato e finemente ornato. Pur non essendo una rarità trovare in Lunigiana un manufatto di questo tipo, basti pensare a Crespiano, Viano, Monte dei Bianchi (1774), Cecina (1786), Fivizzano, tutti del tardo Settecento, la sua presenza ad Albiano, suggerisce il permanere di una cultura che scambia con il mondo ligure e che si accentua in quella parte dell’antica Diocesi di Luni situata a destra della Magra.
A pensarla ora l’idea del vescovo Guglielmo di mantenere un presidio fortificato sulla Costa di Belvedere come ultimo baluardo del crinale, oggi noto come Alta Via dei Monti Liguri, aveva un suo fondamento. Il fronte principale, aperto sulla piazzetta che raccorda le tre strade del centro storico, è una semplice parete con la porta d’ingresso sormontata da un bassorilievo settecentesco, in marmo, raffigurante Sant’Antonio abate e da una finestra polilobata che illumina l’aula. Il vano interno è un’aula scandita in due campate coperta da volte a vela, per costruire le quali è stato necessario addossare alle pareti laterali la struttura di sostegno in forma di robusti pilastri. Anche questo vano aveva una decorazione, piuttosto grossolana in verità, rispetto a quella del presbiterio, come si vede nella superficie ripulita dallo strato calce che la ricopriva.
La parte del presbiterio, aggiunta al vano precedente utilizzando un fabbricato preesistente, è ritmata da quattro paraste ornate di capitelli compositi, sostengono una proporzionata trabeazione, non presente nel resto dell’aula, interrotta dal cartiglio quale ornamento della pala sottostante contenuta tra le paraste centrali. Essa forma con l’altare, secondo la consuetudine del tempo, l’apparato scenografico-decorativo dell’aula. Il santo patrono in vesti bianche si trova in alto a sinistra con l’abito bianco ed il Tau impresso sulla spalla assieme ai santi protettori di Albiano, Lucia affiancata da Santa Caterina d’Alessandria e tre vescovi, tra cui Martino, e forse Ambrogio, il tutto sotto l’occhio benevolo di San Giuseppe.
La croce e il sopraccielo non appartengono all’oratorio ma facevano parte delle suppellettili della chiesa parrocchiale fino alla collocazione dell’altare maggiore proveniente dalla chiesa di San Pietro di Pontremoli.
Roberto Ghelfi
Nota bibliografica.
N. Gallo, Guida storico-architettonica dei castelli della Lunigiana toscana. Prato 2002, p. 18.
R. Pavoni, I Malaspina di Lunigiana al tempo di Niccolò V,
in “Memorie della Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini”, LXXIII, La Spezia 2004, pp 399-489, nota 86.