L’esercito delle guerre napoleoniche fu detto la Grande Armée; una prima Napoleone l‘aveva costituita nel 1804 per combattere contro la quarta e poi la quinta coalizione antifrancese con leva volontaria anche di giovani delle terre conquistate. I suoi successi militari furono alla base della sua incredibile ascesa politica: in pochi anni da piccolo ufficiale della Corsica arrivò con colpi di stato a diventare nel 1804 imperatore dei francesi e re d’Italia e a mettere suoi familiari su vari troni mutando la carta politica dell’Europa.
L’armata di Napoleone per invadere la Russia
Anche la Lunigiana cambiò ordinamento: sparirono i marchesati dei Malaspina, furono fissati due Circondari di Sarzana e di Pontremoli, questo poi con la Lunigiana granducale fu integrato nel Dipartimento degli Appennini.
Il decreto dello zar di porre fine al blocco continentale gravò la Francia di forti dazi e Napoleone decise l’avventura dell’invasione della Russia: la campagna militare iniziò il 24 giugno 1812.
Allestì una Grande Armata, mai visto un esercito di quasi settecentomila soldati, questa volta con obbligo di leva; appena un terzo erano francesi, gli altri tedeschi, belgi, olandesi, italiani, svizzeri, polacchi, prussiani, austriaci.
Napoleone non considerò il pericolo insito nella marcia verso Mosca, che raggiunse dopo la vittoria sui russi a Smolensk e alla Beresina. Il generale russo Kutuzov decise, contro il volere di altri generali e dello zar, di abbandonare Mosca senza combattere arretrando fino a quella linea che gli avrebbe garantito di riconquistare la città inseguendo i soldati in fuga. Fallì infatti l’impresa che un uomo di genio aveva intrapreso con immense forze. I russi non fecero battaglia aperta perché avevano poche truppe e logorate dalle precedenti guerre, indietreggiavano e bruciavano per non lasciare risorse all’invasore. Fu il “generale inverno” e l’impossibilità di avere rifornimenti a far prendere a Napoleone, il 20 ottobre 1812, la via senza ritorno; fece incendiare il Cremlino e ordinò la ritirata, i francesi erano di nuovo alla Beresina, dove i russi fecero strage dell’esercito ridotto a trentamila unità. La Grande Armata non esisteva più, ma Napoleone con estrema energia riuscì a mettere in piedi una nuova Grande Armata che per il momento gli assicurò una superiorità numerica sugli avversari di sempre, coalizzati contro di lui per la sesta volta, e sull’opposizione interna dei realisti borbonici. Fece la leva obbligatoria di giovani di ogni parte del suo impero.
La battaglia decisiva fu a Lipsia (16-18 ottobre 1813), Napoleone subì una sanguinosa sconfitta, fece miracoli di bravura militare, ma le forze alleate guidate dalla Prussia puntarono su Parigi, che crollò e il 3 aprile 1814 il Senato dichiarò decaduto l’imperatore.
Napoleone abdicò senza condizioni, gli fu concessa la sovranità dell’isola d’Elba e il ducato di Parma per la moglie Maria Luigia d’Asburgo e per il figlio. L’ultima avventura fu la fuga, sbarcato a Cannes, fu accolto trionfalmente da contadini e soldati, riprese il potere per cento giorni, ma non era più in grado di dominare la situazione politica: subito si ricompattò una settima coalizione e a Waterloo il 18 giugno 1815 fu distrutta la Grande Armata e Napoleone finì prigioniero degli inglesi.
Maria Luisa Simoncelli