La notizia è letteralmente esplosa nella prima mattinata di lunedì scorso, quando le agenzie di stampa hanno reso noto che, dopo 30 anni di latitanza, il boss mafioso Matteo Messina Denaro era stato arrestato dai carabinieri del Ros, nell’ambito di una indagine coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. La data del 15 gennaio è particolarmente significativa perché giunge a 30 anni esatti dall’arresto di Totò Riina, che fu catturato nel 1993, sempre a Palermo, proprio nel giorno dell’insediamento di Giancarlo Caselli a capo della Procura. Lo storico capomafia di Castelvetrano (Tp), è stato arrestato all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo, dove si era recato per sottoporsi a terapie.
Nella giornata di martedì, è stata anche data notizia dell’individuazione del covo del boss: si trovava nel centro abitato di Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del fidato autista Giovanni Luppino, arrestato nella stessa operazione. Alfonso Sabella, sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo guidato da Caselli, ha commentato al Sir l’arresto del boss definendo quella di lunedì “una giornata storica perché l’arresto di Messina Denaro chiude l’epoca dello stragismo corleonese”.
Pur non essendo il capo di Cosa nostra, infatti, “Matteo Messina Denaro rimane l’esponente più prestigioso dell’organizzazione criminale”. Il magistrato osserva anche come l’arresto sia avvenuto “a pochi chilometri del suo territorio com’è già avvenuto con gli altri grandi latitanti, che sanno di poter contare su omertà e coperture”. Sabella giudica positiva pure la reazione dei cittadini che hanno assistito all’arresto. Commenti favorevoli anche da parte di don Francesco Fiorino, fondatore a Marsala, in un bene confiscato, del Centro dei Giusti di Sicilia, dedicato a chi ha perso la vita nella lotta alla mafia: “Un’ottima notizia sia per l’intero Paese sia per i siciliani che hanno combattuto la mafia e combattono nelle file dell’antimafia sociale ed educativa”. “ Come cristiano e prete, aggiunge, sono felice di questa notizia, perché è una testimonianza che il bene vince sul male. Non è una vittoria di vendetta ma di giustizia”. Dopo le prime dichiarazioni di plauso all’operato dei magistrati e delle Forze dell’ordine, invece di restare uniti per condividere, nel nome dello Stato, l’indiscusso successo rappresentato da una così complessa operazione portata a termine con successo, i politici e gli opinionisti dei diversi schieramenti non hanno perso tempo nel dividersi per accaparrarsene i meriti. Come tante volte abbiamo scritto, la responsabilità maggiore è da imputare alla maggioranza di governo in carica. In questo caso, in nessuna dichiarazione è stato citato il contributo offerto, fino ad oggi, da governi e ministri di diverso colore. Il senso dello Stato, che non dovrebbe cambiare ad ogni soffio di crisi e non dovrebbe conoscere distinzioni di parte, è il primo segnale che la politica è tenuta a dare per sostenere e garantire il successo di operazioni di polizia di questa portata.