L’11 settembre l’Italia ha spento tutte le torri di trasmissione. Ma questo rischia di creare di problemi di ricezione in caso salti la catena di distribuzione dell’elettricità. Con difficoltà soprattutto nei territori montani come il nostro.
Lo scorso 11 settembre l’Italia ha spento tutti i suoi impianti in Onda Media. La data poteva essere scelta con meno significato simbolico visto che, a seguito di questa decisione, verranno abbattute tutte le torri di trasmissione, alcune quasi nuove come quella di Potenza demolita nel silenzio più totale. Si tratta di un percorso iniziato nel 2000 e conclusosi con lo spegnimento degli ultimi impianti (12) che permettevano l’ascolto di Radio 1 della RAI in tutta Europa e in tutte le località montane servite non in modo ottimale dai servizio in modulazione di frequenza. Su tutti i media lo spegnimento viene fatto passare come un grande risparmio energetico a fronte di poca o nessuna utilità unito al grande inquinamento elettromagnetico che questi impianti generavano. Ma le cose stanno davvero così? Consideriamo il primo aspetto: quello energetico e di inquinamento. L’impianto più potente tra gli ultimi 12 spenti era quello storico inaugurato da Guglielmo Marconi a Coltano, nei pressi di Pisa nel 1911. Una torre di un centinaio di metri piantata in un terreno paludoso con un trasmettitore della potenza di 50+50Kilowatt. Questo impianto era ricevuto in tutto il nord e Centro Italia e, dopo il tramonto, in tutta Europa. L’inquinamento elettromagnetico era ovviamente circoscritto intorno all’antenna che è posizionata in aperta campagna in luogo non accessibile, quindi senza nessun impatto per la salute. Per fare un raffronto: gli impianti TV e FM di molte località della Regione Toscana raggiungono quella potenza e se sommati irradiano una potenza maggiore e alcuni sono posizionati nei centri abitati. Per quanto riguarda il consumo dell’impianto 100Kw rappresentano la potenza impegnata di una parte di una piccola cittadina come Aulla o Pontremoli. Il tutto per servire quasi metà della nazione. Altra giustificazione dichiarata per lo spegnimento è che ormai la web radio, il DAB (la radio digitale che dovrebbe soppiantare l’F.M.) e tutte le tecnologie digitali hanno soppiantato questi sistemi un po’ obsoleti relegandoli all’attenzione di qualche nostalgico.

Può darsi, però sintonizzarsi in auto sui 657khz di Coltano e ascoltare senza interruzioni e cambio frequenza la Rai in 500km di viaggio era non solo comodo ma anche utile. Però, che cosa emerge se cambiamo la prospettiva e ci spostiamo in quell’Italia composta da tante valli montane come la nostra Lunigiana? Tutte le nuove tecnologie trasmissive sono ormai dipendenti l’una dall’altra. Quando riguarda i contenuti, questo aspetto viene definito crossmedialità e cioè il contenuto o servizio è capace di viaggiare tra più piattaforme distributive e di incarnarsi su media differenti secondo le regole della convergenza. È ad esempio un film capace di farsi sito web, videogioco, telefilm, fumetto… Ora questa convergenza, che è anche interdipendenza, vale anche a livello tecnico: la TV funziona perché viene trasportata via Rete IP (Internet), su Internet troviamo la TV, le web radio e i ponti radio vengono sovente alimentati via IP. Questa dipendenza reciproca rende il sistema molto efficiente ma anche molto fragile perché il sistema di trasporto delle informazioni è costruito in base a regole di risparmio e non di robustezza. In poche parole funziona in tempo di pace, se si trovano i ricambi per le manutenzioni e se tutta la catena è alimentata dall’energia elettrica fino all’ultimo anello della catena. Che accadrebbe in caso di black-out elettrico o down di rete o in caso di guerra? Semplicemente il sistema informativo non funzionerebbe più. Saremmo completamente isolati! Le celle telefoniche funzionerebbero solo per poche ore o meno, niente radio, niente TV, niente SMS, niente Internet anche per coloro che sono autonomi per l’energia magari perché hanno pannelli solari o generatori. E questo maggiormente nelle zone montane che sarebbero le ultime ripristinate dopo i grandi centri abitati. Ecco che in questa situazione una rete trasmissiva in Onda Media dotata di generatori diesel di emergenza e un’autoradio in auto o una radiolina a pile da 10 euro a casa diventerebbero l’unico modo per avvertire la popolazione e informarla di cosa sta accadendo. Questo in zone montane e lontano dai centri abitati avrebbe un valore assoluto. Mantenere attiva (anche a potenza ridotta) per situazioni simili una rete già costruita ed efficiente sembrerebbe la scelta più razionale. Perchè allora demolirla? Per monetizzare i terreni sperando che ciò che potrebbe accadere non si verifichi mai. Sembra più un azzardo che una scelta lungimirante!
Stefano Gaffi