Il Brasile al voto tra settanta giorni

Lula, dato in vantaggio, e Bolsonaro hanno presentato le loro candidature

“Mancano 70 giorni”: è questo lo slogan, a metà fra un conto alla rovescia e un memorandum, che i sostenitori di Luiz Inácio Lula da Silva, ex presidente e di nuovo candidato alla presidenza del Brasile per il Partido dos Trabalhadores (Pt) hanno lanciato nelle stesse ore in cui l’attuale capo dello Stato, Jair Bolsonaro, ha ufficializzato la sua candidatura per un secondo mandato.
Le elezioni avranno luogo il 2 ottobre, e la campagna elettorale è cominciata. Nel discorso di presentazione della sua candidatura per il Partido Liberal (Pl), Bolsonaro è tornato su alcuni temi chiave del suo progetto politico, già lanciato nel 2019, anno della sua prima elezione: dal sostengo dei militari (lui stesso essendo un ex esponente delle forze armate) fino allo scontro col potere giudiziario che ha caratterizzato tutto il suo mandato, in particolare per quanto ha riguardato la gestione della pandemia di Covid-19.
Stando agli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto pubblicati dagli istituti Ipespe e Datafolha, l’avversario più credibile di Bolsonaro sarà proprio l’ex presidente Lula, che entrambe le rilevazioni danno in vantaggio: 45 contro 34 per cento per la prima, addirittura 53 contro 32 per cento per la seconda. Secondo questi ultimi dati, quindi, Lula potrebbe uscire vincente fin dal primo turno.
Storico ex leader sindacale, che fra il 2018 e il novembre 2019 ha trascorso 580 giorni in carcere nell’ambito di un’indagine internazionale per corruzione, Lula parteciperà al voto alla guida della coalizione Brasil da Esperança, che oltre al Pt è composta anche da comunisti e da verdi.
A riaprirgli le porte della competizione politica era stato, nell’aprile del 2021, il Supremo Tribunal Federal (Stf), che aveva respinto l’appello, presentato dalla Procura generale della Repubblica, contro la sentenza della giustizia federale dello Stato di Paranà, che aveva annullato le condanne a carico dell’ex presidente del Brasile.
Lula aveva accolto la decisione che lo rendeva di nuovo eleggibile per le presidenziali di quest’anno, dichiarando che “se fosse necessario mi candiderei per battere quel fascista che si chiama Bolsonaro” ma lasciando anche aperta la possibilità di candidare “qualcuno che rappresenti i settori progressisti del Brasile”.
In una intervista ad una tv argentina, poi, aveva aggiunto che l’attuale presidente è “un genocida, in quanto maggiore responsabile del caos provocato dalla pandemia”. Parole forti, che rendono molto bene l’idea del clima in cui si svolgerà la campagna elettorale. Da parte sua, Bolsonaro aveva risposto paragonando il suo governo con quello del suo predecessore, affermando che la corruzione prima era generalizzata, poi ha messo a confronto i profitti delle banche durante l’esecutivo guidato da Lula con quelli registrati durante il suo mandato.

Agenzia Dire