Crescono povertà e divario tra le zone del nostro Paese

Dati sempre più allarmanti dal Rapporto Istat: le famiglie numerose e gli stranieri i più colpiti

EMARGINAZIONE E POVERTA’

I dati sulla povertà in Italia relativi al 2021, pubblicati recentemente dall’Istat, fotografano un Paese in grande affanno dove la povertà non molla la presa. Si pensava che, uscendo dalla pandemia, le cose sarebbero migliorate, ma di fatto poco si è mosso. Siamo ai massimi storici per quanto riguarda povertà assoluta e povertà relativa.
Secondo questi dati, sono in condizione di povertà assoluta un milione e novecentomila famiglie (il 7,5% del totale con un leggerissimo miglioramento – erano il 7,7% – nei confronti del 2020) e circa cinque milioni e seicentomila persone (in linea con l’anno precedente). Va inoltre sottolineato che sono 1,4 milioni i minori che versano in queste condizioni.
La soglia di povertà assoluta muta col mutare del numero dei componenti la famiglia e col mutare del territorio. Così per una persona sola che vive in un’area metropolitana del Nord la soglia è pari ad una spesa mensile per consumi che non supera 852,53 euro; mentre per chi abita in un piccolo comune del Settentrione è pari a 766,70 euro e per chi vive in piccoli centri del Mezzogiorno 576,63 euro. C’è poco da stare allegri, ma l’Istat non fa altro che confermare ciò che Caritas nazionale sta dicendo da tempo. La piaga, naturalmente, colpisce di più le zone fragili del Paese.
Se la percentuale delle famiglie in povertà assoluta si attesta al Nord sul 6,7% e al Centro sul 6%, al Sud si alza al 10% e la situazione delle famiglie peggiora con l’aumentare del numero dei componenti: il 22,6% sono quelle con cinque o più membri, mentre quelle composte da 4 membri si attestano sull’11,6%. È in aumento anche la povertà tra le persone anziane, dove si passa dal 4,5% del 2020 al 5,7% del 2021. Drammatica è l’incidenza della povertà tra le popolazioni straniere: il 32,4% rispetto al 29,3 del 2020 ed è 4 volte superiore a quella degli italiani. L’Istat rileva anche che il disagio più marcato è quello delle famiglie con figli minori e che l’andamento è decrescente con l’aumentare dell’età delle persone poiché le famiglie di giovani hanno meno capacità di spesa disponendo di redditi mediamente più bassi.
Le problematiche più urgenti sono evidenti: il lavoro giustamente retribuito e l’attenzione alle famiglie numerose, tenendo conto anche di un andamento demografico penalizzante. In ballo c’è anche la sorte di intere generazioni, quelle composte dal quasi milione e mezzo di minori in stato di povertà assoluta che incideranno nel tessuto sociale del futuro, loro e del Paese. Salario minimo e reddito di cittadinanza, da rimodulare, vanno tenuti in grande considerazione per trovare soluzioni perché il lavoro, specie quello poco o per niente tutelato, non basta più a proteggere le famiglie. Il fatto è che all’orizzonte si prospetta un futuro complicato.
Già se ne vedono i segnali. Se il 2021 è stato l’anno della ripresa dopo la pandemia, il 2022 è l’anno della guerra in Ucraina. Negli ultimi tre mesi, secondo i responsabili del Banco Alimentare, si sono messi in fila presso le mense di mezza Italia oltre 50.000 nuovi poveri spinti dal caro benzina, dal caro bollette, dagli aumenti dei generi alimentari.
Ma si sta verificando un fenomeno che da anni non si registrava: un calo delle donazioni di viveri che in certi settori dell’agroalimentare tocca picchi del 35% e un calo del 36% di donazioni economiche a sostegno dell’attività del Banco. Si teme che la crescita dei costi delle materie prime e dell’inflazione possano creare una contrazione del 20/25% dei prodotti forniti dall’Agea (l’ente gestore degli aiuti del Fondo Nazionale e dei Fondi Europei) e se questo a si aggiunge l’aumento dei costi per l’attività di recupero e redistribuzione del cibo c’è il rischio di dover ridurre la capacità di far fronte alle richieste di aiuto. L’Istat fornisce, come sempre, numeri ma dietro ai numeri ci sono le persone. Tante persone. Troppe.

Il messaggio del Papa per la Giornata dei poveri

In questi giorni il rapporto dell’Istat sulla povertà in Italia ha richiamato ancora una volta l’attenzione su una realtà che inconsciamente si cerca di ignorare. Ma le povertà nel mondo sono tante e Papa Francesco ce lo ricorda con il Messaggio scritto in vista della VI Giornata Mondiale dei poveri, che si celebrerà il prossimo 13 novembre sul tema “Gesù Cristo si è fatto povero per voi”, tratto dalla seconda lettera ai Corinzi di San Paolo.
Quella più evidente oggi la vive il popolo ucraino. È la tragedia che più tocca da vicino, anche perché entra ogni giorno nelle case di ognuno, ma non vanno dimenticate le tante guerre sparse per il mondo: “Quanti poveri – scrive il Papa – genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità”. “
Nulla di più nocivo – continua – potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare”. Papa Francesco infine ribadisce che “c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà”, quella di Gesù, “che libera e rende sereni”. La povertà che uccide “è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse”.
È “la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita”. La povertà che libera, al contrario, sostiene Francesco, “è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale”.

Giovanni Barbieri

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