Colf, badanti e baby sitter: una spesa non sempre sostenibile che incide sempre di più sul bilancio familiare
È stata presentata nei giorni scorsi la seconda parte del rapporto su “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia”, curato dal Censis (Centro studi investimenti sociali), che raccoglie i dati emersi dalla ricerca effettuata dal Centro tra le famiglie associate ad Assindatcolf (Associazione sindacale nazionale dei datori di lavoro domestico).
Questo secondo passaggio, non per niente intitolato “Colf, badanti e baby sitter: una spesa irrinunciabile, ma quanto sostenibile?”, si è concentrato in particolare su quelle che possono essere considerate le tre figure professionali, indicate nel titolo, prevalenti nell’ambito del lavoro domestico. I ricercatori hanno perseguito l’obiettivo di delineare le caratteristiche dell’offerta di tali servizi, i motivi che inducono le famiglie e farvi ricorso e il peso, quindi la sostenibilità, dei costi che le famiglie devono affrontare per servizi che stanno diventando sempre più indispensabili, se non irrinunciabili.
Sono diversi – e non certo venuti alla luce solo oggi – i motivi che hanno portato ad una crescita di domanda nel campo del lavoro domestico e vanno dalla possibilità per la donna (nonostante tutto ancora “titolare” del maggiore impegno nella crescita dei figli e nella cura degli anziani) di mantenersi aperta l’opzione del lavoro fuori casa all’aumento dei bisogni di assistenza agli anziani, specie non autosufficienti.
Nel mezzo si trova la ricerca di aiuto nella cura della casa. Come si può facilmente capire, sono servizi che non sono forniti gratis e quindi nella decisione di usufruirne o meno non ha una parte secondaria la valutazione dell’impatto economico sul bilancio familiare. Inutile dire che tale valutazione deve fare i conti con l’invecchiamento delle persone e quindi è destinata a variare nel tempo.
La crisi economica pre e post pandemia (cui andrà ad aggiungersi l’aumento generalizzato dei costi che la guerra avviata da Putin ha innescato e innescherà) non ha facilitato la soluzione dei problemi, rendendo il futuro economico molto più incerto di quanto si potesse mai ipotizzare.
La ricerca in questione dà conto di un dato abbastanza prevedibile: la figura lavorativa domestica più richiesta è quella delle colf. La conferma si ha nel fatto che il 79,5% delle famiglie associate a Assindatcolf impiega una collaboratrice domestica. La percentuale scende di netto per quanto riguarda la figura delle badanti, alle quali ricorre solo il 20,4%. Ancora più bassa la percentuale delle famiglie che ricorrono alle baby sitter: 7,1%. Le colf sono per l’83% straniere, in netta maggioranza (90%) assunte a ore, con un costo medio attorno ai 650 euro mensili. Tra i motivi, prevalgono l’impossibilità di occuparsi della cura della casa per impegni professionali ma anche per la presenza di persone non autosufficienti. Sale l’incidenza tra gli anziani che vivono da soli.
Quanto alle baby sitter, si può dire che in questo caso la nazionalità del personale impiegato vede un sostanziale pareggio tra italiano e straniero. Anche in questo caso in grande maggioranza si tratta di impieghi a ore e il motivo va ricercato nella necessità di conciliare gli impegni familiari con quelli professionali. Risalta, in questo caso, l’impossibilità di ricorre all’aiuto di famigliari (di solito i nonni) che abitino nelle vicinanze. La spesa media si aggira sui 750 euro al mese.
E’ la badante, l’aiuto domestico per eccellenza e nell’85% dei casi sono persone arrivate dall’estero
Senza dubbio è quella della badante la figura che incarna l’idea stessa di “aiuto” tra le mura domestiche. Salgono ulteriormente la percentuale di personale straniero (85% dei casi) e in modo deciso (67%) i contratti che prevedono la convivenza con il datore di lavoro. La scelgono le famiglie che hanno un parente non convivente da assistere e che sono impossibilitate a farlo in prima persona. Il 74% del campione riguarda gli over 75 che vivono da soli e quindi hanno bisogno di una figura in grado di prendersi cura sia della casa che della persona.
Se poi parliamo di costi, il problema si fa più complicato. La spesa media mensile è di 1.200 euro, una cifra che può mettere in difficoltà i bilanci familiari: solo il 31% la definisce “sostenibile”, mentre un altro terzo trova il costo eccessivo, specie in prospettiva.
Questa della sostenibilità della spesa pone seri problemi sia a livello economico che sociale. In genere, come è facile immaginare, quando il ricorso ad una badante è deciso dalla famiglia in base alle proprie disponibilità economiche il costo relativo è giudicato sostenibile. Le valutazioni negative sorgono quando, invece, sono le circostanze (spesso improvvise) a imporre questo tipo di scelta: in tal caso spesso le famiglie vanno in difficoltà e l’impegno economico diventa (o viene valutato) insostenibile.
Data la crescita del ricorso alle diverse figure di lavoratori domestici, sempre più necessari per il mantenimento del welfare nel nostro Paese, le associazioni di categoria sollecitano lo Stato a introdurre misure capaci di agevolare le regolari assunzioni dei lavoratori e portino ad un risparmio dei costi per le famiglie.
(a.r.)