Servizi ai viaggiatori sempre più ridotti negli scali ferroviari lunigianesi
Da tempo, nella stazione ferroviaria di Pontremoli, vari servizi per l’utenza hanno chiuso i battenti, simbolo di una vitalità dello scalo che se ne va: dalla chiusura dell’edicola, al recente stop del servizio mensa. Senza dimenticare l’eliminazione, già da diversi anni, del capostazione, che sulla linea Parma-Spezia è rimasto solo a Fornovo e a Santo Stefano. A mantenere vivo lo scalo pontremolese rimangono ancora il bar, il servizio taxi e la biglietteria, aperta dalle 6 alle 13 da lunedì a venerdì. A questi servizi si affianca la presenza di manovratori e personale viaggiante determinata dal fatto che quella di Pontremoli è stazione di deposito dei treni. Nulla di paragonabile con i servizi e il personale presenti ancora trent’anni fa, ma complessivamente una stazione in cui il viaggiatore non è lasciato a se stesso e il patrimonio storico e architettonico non è lasciato a se stesso, come nella quasi totalità delle stazioni delle due linee ferroviarie che attraversano la Lunigiana.
Sulla Parma – La Spezia la biglietteria, oltre che a Pontremoli, è presente solo nella stazione di Aulla; ma solo in teoria: attualmente il sito di Trenitalia indica la rivendita dei titoli di viaggio “temporaneamente chiusa”. Il servizio bar si trova a Villafranca (attualmente in restauro), ad Aulla e a Santo Stefano, dove la caffetteria-tabaccheria-edicola occupa l’intero piano terra della stazione e dove, al pari del bar della stazione di Aulla, è possibile acquistare i biglietti. Si tratta di servizi essenziali ma spesso insufficienti a impedire che la stazione non sia percepita come terra di nessuno: lo dimostrano i ripetuti atti vandalici che ci sono stati segnalati di recente a Villafranca e quelli che hanno coinvolto fin dalla sua inaugurazione, nel 2005, la nuova stazione aullese, progettata in aperta campagna e totalmente indifesa nelle ore notturne.
Ancora peggiore la situazione nelle stazioni di Scorcetoli e Filattiera sulla Pontremolese e in quelle sulla Aulla-Lucca: in questi scali (nemmeno in tutti) già da tempo l’unico presidio è quello della biglietteria automatica, spesso guasta e con riparazioni che non arrivano, collocate nei pressi di sale di aspetto fatiscenti o chiuse. Condizioni che allontanano l’utenza e che, in un circolo vizioso, conducono a ulteriori tagli alla manutenzione che scoraggiano ancor di più la fruizione del servizio. Senza contare quanto le stazioni esprimano un pezzo non trascurabile dell’identità e della storia dei borghi attraversati dalla ferrovia. In diverse zone d’Italia accordi tra enti locali e Rete Ferroviaria Italiana hanno permesso di insediare nei locali delle stazioni non più presidiate associazioni, circoli o cooperative sociali che mantengono viva e decorosa la stazione e in alcuni casi offrono servizi all’utenza: ristoro, biglietti a fasce chilometriche, custodia del deposito biciclette.
In Lunigiana esperienze di questo tipo sono rintracciabili solo in due stazioni della linea per la Garfagnana. La prima è quella di Rometta-Soliera, dove è stato allestito un punto informativo del Parco Nazionale dell’Appennino e dove il Comune di Fivizzano, seguendo un progetto di Pietro Cascella ha riqualificato il piazzale e l’ex scalo merci e sottoposto l’area a videosorveglianza come deterrente per i vandali. La seconda è quella di Monzone-Monte dei Bianchi-Isolano: qui il fabbricato viaggiatori, completamente ristrutturato, ha ospitato il Museo del Lavoro della Valle del Lucido. Trasferito a causa del terremoto del 2013 a Equi, dovrebbe essere riportato nella sua sede per dar modo di attivare o riattivare i sette ecomusei dell’area di Fivizzano e Casola che da lì dovevano prendere le mosse. Rometta e Monzone sono piccoli esempi di come la stazione può continuare a vivere ed essere, sia simbolicamente che sostanzialmente, punto di riferimento per la tenuta economica e sociale del territorio. L’alternativa è l’abbandono delle strutture a se stesse e all’inevitabile degrado. Un esempio? La stazione di Equi Terme, il cui fabbricato viaggiatori – già in precedenza dato in affitto ad una attività privata – è stato gravemente lesionato dal terremoto del 2013 ed è ad oggi inagibile: non certo un buon biglietto da visita per una località termale.
(Davide Tondani)
E le stazioni della vecchia linea? L’abbandono di Terrarossa, Caritas e Arci ad Aulla
Il nuovo tratto a doppio binario della Pontremolese entrato in esercizio nel 2005 ha tagliato fuori un tratto di linea storica e tre stazioni, che hanno subito sorti diverse. Partendo da sud, la stazione di Albiano-Caprigliola – attualmente occupata da un bar – ha rischiato l’abbattimento per fare spazio ad una rotonda che avrebbe dovuto regolare l’intersezione tra Statale della Cisa e il ponte della Bettola poi crollato nel 2020. Salvata da un pronunciamento della Soprintendenza, che ne riconobbe il valore storico e architettonico (senza tuttavia sollevarla dallo stato poco decoroso in cui versa), in queste settimane è al centro delle attenzioni degli abitanti di Bettola, contrari alla viabilità progettata con il nuovo ponte e che dovrebbe occupare la vecchia sede ferroviaria dietro il fabbricato.
Sorte diversa invece per la vecchia stazione di Aulla. Il fabbricato è stata rilevata dal Comune nel 2012 assieme a tutta l’area ferroviaria dismessa. I due piani del fabbricato viaggiatori attualmente ospitano le attività artistiche e culturali del circolo Arci Agogo e quelle caritatevoli e sociali della Caritas parrocchiale. Giace invece in abbandono (è stata in precedenza sede di Protezione Civile) la stazione di Terrarossa-Tresana, collocata nei pressi dell’inizio della green-way che collega Terrarossa con il centro di Aulla, ricavata dove un tempo insistevano le rotaie: una passeggiata – che è anche tracciato della via Francigena – molto frequentata dagli abitanti della zona che mostra come sia possibile riqualificare in modo sostenibile gli spazi ferroviari dismessi. (d.t.)