Istituita da Papa Pio VII con la bolla del 18 febbraio del 1822. Ma la richiesta risaliva a più di due secoli prima
Con la bolla pontificia Singularis Romanorum di Papa Pio VII, il 18 febbraio del 1822 veniva eretta ufficialmente la diocesi di Massa. Tuttavia sbaglierebbe chi pensasse che fino a quella data la questione di una “dignità episcopale” legata al territorio massese, non fosse stata sollevata e presa in considerazione in diversi circoli che intercettavano politica, diplomazia e dibattiti religiosi.
Come rilevato da vari esperti di storia locale, la chiave di volta per comprendere le origini della Diocesi si trova nel passaggio, politico culturale, da “Massa Lunense” a “Massa Cybea”, ovvero nel progressivo ed inesorabile cammino di indipendenza dall’influenza dei vescovi di Luni – Sarzana. Il raggiungimento di questo obiettivo è stato lungo e faticoso, costellato da manovre diplomatiche, interessi politici e ambizioni personali che hanno, in modi diversi, coinvolto vari membri della famiglia Cybo-Malaspina.
“Questa casata – scrive Igino Lanforti a pag. 14 del libro fondamentale Storia della Diocesi di Massa – tra le più nobili della penisola – annovera tra i suoi componenti un Papa (Innocenzo VIII, 1432-1492), alcuni cardinali (Innocenzo, 1491-1550; Alderano 1613-1700; Camillo 1681-1742) e numerosi ecclesiastici che in qualità di diplomatici hanno assolto incarichi di massimo prestigio presso la Santa Sede. L’intreccio quindi tra l’interesse religioso e quello politico è sempre stato una prerogativa dei Signori dei territori apuani”.
L’istituzione della Diocesi di Massa avveniva a distanza di sette anni dalla “Restaurazione”, connessa al Congresso di Vienna del 1815. Come è noto, dopo la caduta di Napoleone furono “restituiti” ai legittimi sovrani i territori che era stati occupati dalle truppe francesi e sottratti dal governo napoleonico.
A Maria Beatrice, duchessa di Massa, dal 1790, venivano, pertanto, concessi oltre ai territori di sua competenza, anche i feudi malaspiniani della Lunigiana i quali, ceduti al figlio Francesco IV, Duca di Modena, vengono costituiti in “provincia autonoma” chiamata “Lunigiana estense”. Maria Beatrice, da sovrana illuminata, esercitò una “materna cura in sollievo delle popolazioni più povere”; pur legata allo spirito asburgico e contraria alla restituzione di alcuni privilegi agli ecclesiastici, in materia di religione fu spinta da un personale fervore e da una devozione particolare alla figura di Pio VII.
A Massa, in risposta alle soppressioni napoleoniche, ristabilì le congregazioni religiose dei frati Cappuccini, a Carrara i “Minori Osservanti”; furono chiamati i Barnabiti ai quali affidò l’educazione delle giovani generazioni massesi e, grazie alla sua opera riformatrice, superando non poche difficoltà, si arrivò alle condizioni ideali per l’erezione di una nuova diocesi.
La data del 1822 segna comunque, come accennato, un punto di arrivo di un lungo percorso storico i cui prodromi risalgono addirittura all’epoca di Alberico Cybo-Malaspina (1534-1623). Egli, dopo aver fondato “Massa Nova” o “Cybea”, chiese al papa Pio IV, con il quale era in ottimi rapporti, un “vescovado” nel proprio dominio. Identica richiesta fu inoltrata ai successori Gregorio XIV e Clemente VIII.
È probabile che le richieste del “principe” fossero mescolate ad interessi meramente politici, per fare elevare Massa alla dignità di “città”, titolo che poteva essere concesso o con diploma imperiale o con la concessione pontificia della Sede vescovile. Nonostante ciò, le petizioni non andarono a buon fine. Il successore di Alberico I, Carlo I Cybo-Malaspina (1581-1662), propose ad Urbano VIII di donare il titolo di “Collegiata” ad una pieve cittadina. E così fu. San Pietro in Bagnara, nel cuore della città, da allora divenne “abbazia mitrata” con un capitolo di nove canonici e venne scorporata dalla giurisdizione dei vescovi di Luni-Sarzana per essere soggetta direttamente al Sommo Pontefice.
Un nuovo tentativo per avere a Massa una sede vescovile, fu messo in atto da Maria Teresa Cybo-Malaspina (1725-1790). Il sogno sembrò avverarsi allorché l’imperatore Francesco I concesse alla duchessa di accantonare rendite “per la futura diocesi”. Purtroppo l’invasione napoleonica e i provvedimenti conseguenti presi anche dalla figlia Maria Beatrice, allontanarono il progetto. Il momento propizio si ripresentò nel 1819. Alla morte del Vescovo di Luni-Sarzana, Francesco IV Cybo-Malaspina, approfittando della “sede vacante”, presentò un esposto alla Santa Sede con il quale formalizzava nuovamente la richiesta di un “vescovado” al fine di evitare che i sudditi dovessero dipendere da un vescovo “forestiero”, tale, infatti, veniva percepito sia quello di “Luni-Sarzana” sia quello di “Modena” alle cui cure erano affidati i fedeli di Massa, Carrara e della Garfagnana dopo la creazione della Repubblica Cisalpina.
L’idea di un vescovo a Massa piacque a Pio VII. Il Pontefice tuttavia pose come conditio sine qua non che le parrocchie della nuova diocesi fossero solo quelle di Massa, Carrara, della Lunigiana (escluse dalla Diocesi di Pontremoli) e della Garfagnana estense. Avviò allora la “macchina burocratica” necessaria, avvalendosi della collaborazione del cardinale Ercole Consalvi, Segretario di Stato. Fu nominato il vescovo di Modena, mons. Tiburzio Cortese, delegato apostolico, affinché introducesse il processo di smembramento della diocesi di Luni – Sarzana.
A questa iniziativa si oppose, come era prevedibile, il capitolo dei canonici della Cattedrale di Sarzana che avanzava alcune perplessità di ordine geografico e ecclesiastico. Anche il cardinale Opizzoni chiese che l’eventuale nuova diocesi divenisse suffraganea di Bologna. Il Papa fu irremovibile e, superati questi ultimi ostacoli, firmò la bolla, il 18 febbraio del 1822. Da quel giorno, Massa ebbe finalmente il suo vescovo e il primo fu mons. Francesco Maria Zoppi.
Francesco Maria Zoppi fu il primo vescovo
Dopo l’istituzione della Diocesi, si rese necessaria la nomina del vescovo. Fu Leone XII, succeduto a Pio VII, nel 1823 ad eleggere un presbitero della diocesi di Milano, Francesco Maria Zoppi, a Vescovo di Massa. Fino a quel momento la neonata entità ecclesiastica fu governata da un vicario capitolare nella persona del conte Carlo Staffetti, sacerdote integerrimo, di indole mite, pieno di zelo. Il 23 novembre 1823 don Francesco venne consacrato vescovo e l’8 gennaio 1824 prese possesso della Diocesi, mentre l’insediamento vero e proprio avverrà il 10 aprile.Zoppi è un sacerdote stimato nella Diocesi di Milano: amico del duca di Modena Francesco IV e di Alessandro Manzoni di cui divenne confessore e amico di famiglia. L’attività del vescovo Zoppi, fu davvero indefessa. Desideroso di conoscere la sua gente, iniziò da subito la visita pastorale che gli consentì di conoscerne da vicino le precarie condizioni. Egli si adoperò in tutti i campi: dall’istruzione alla profilassi, animato sempre da fermezza ed operosità, doti che gli discendevano dal modello cui si ispirava: San Carlo Borromeo. Istituì i seminari diocesani per assicurare una formazione dei giovani sacerdoti all’altezza della missione che dovranno adempiere: pertanto inaugurò nel 1826 il seminario di Castelnuovo Garfagnana, nel 1830 quello di Massa e nel 1832 avrebbe dovuto aprire quello di Pontebosio che invece venne “benedetto” nel 1836, dal suo successore.Dopo otto anni di episcopato e di intenso lavoro pastorale il vescovo chiese il proprio allontanamento dalla Diocesi e si ritirò nella sua casa di Cannobio. Morì nel 1841. Nel suo testamento scrisse espressamente che alla sua morte il cuore venisse traslato nella Cattedrale di Massa come segno del suo amore alla città che lo ebbe come primo pastore.
Renato Bruschi