Il giorno dei funerali di stato di David Sassoli sembrava di essere in un altro mondo. Tutte le parti politiche si sono affrettate a riconoscere le qualità e la statura umana e politica dello scomparso. In un certo senso, tutti hanno riconosciuto che le sue qualità – mitezza, ascolto, dialogo, gentilezza accompagnate dalla chiarezza delle idee – dovrebbero segnare l’identikit del nuovo capo dello Stato.
L’idillio, però, è durato poco. A pochi giorni dall’inizio delle votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica, la politica italiana è bloccata, in attesa che Berlusconi sciolga la riserva sulla sua candidatura. Non è una attesa tranquilla poiché, come era inevitabile, non tutti gli interessi e le aspirazioni combaciano. Ci sono incontri all’interno di tutti i partiti e l’aria è quella della quiete prima della tempesta. Nessuno vuol prendersi la responsabilità di accendere la miccia.
Quella di Berlusconi è una riserva strana poiché praticamente si era autocandidato già da tempo. Ed il fatto che abbia convocato tutti i leader del centrodestra a Villa Grande, la sua residenza romana, per una “prova di lealtà” conclusasi con l’invito al Cavaliere di “sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta” è un chiaro segno della sua voglia di partecipare. Ma se ha sentito la necessità di convocare a casa sua tutti i capi del centrodestra per avere garanzie significa che in realtà non è così tranquillo, malgrado tutte le rassicurazioni.
C’è chi dice che i voti, i fatidici 505, siano difficili da reperire e che quindi alla fine sarà costretto alla resa. In un modo o nell’altro tutti stanno preparando piani per entrare in gara. Lo stesso Salvini ha dichiarato che “la Lega farà una proposta che potrà essere convincente”, confermando le voci sulla ricerca di un piano alternativo. Sia nel centrodestra che nel centrosinistra si discute sul ruolo di Draghi, come possibile capo dello Stato o come presidente del Consiglio.
Il centrosinistra e i Cinquestelle, non fanno nomi, un po’ per evitare rotture irreparabili per l’eventuale prosieguo dell’attività di governo, un po’ perché consapevoli di non avere i numeri per sostenere candidati. In tutto questo sembra passare in secondo piano il fatto che ci sia una pandemia in corso, che ci siano riforme immediate da fare, che vadano presentati i progetti per ottenere gli aiuti europei del Pnrr…
La minaccia di una crisi che, in base a come si condurrà la battaglia del presidente, potrebbe portare a nuove elezioni è reale. Forse è proprio questa la minaccia che costringerà tutti alla ragione. Si prospetta un bel numero di “franchi tiratori” visto che il prossimo Parlamento sarà molto più magro e che oltre la metà degli attuali deputati e senatori non verranno rieletti.
Chissà che una volta tanto gli interessi particolari non vadano a vantaggio del Paese!
Giovanni Barbieri