Tutti (o quasi) uniti intorno a Draghi

Solo dopo il secondo giro di consultazioni si conoscerà il profilo del nuovo governo

Dopo la crisi di governo e dopo la confusione sorta in seguito alla rinuncia di Fico, sembra che, con l’incarico conferito da Mattarella a Draghi, tutti i tasselli del frastagliato panorama politico italiano siano andati a posto. Tutti sono diventati “responsabili”.
Tutti, tranne la Meloni, si sono resi disponibili “senza condizioni”, dimostrando, almeno a parole, un senso dello Stato che da tempo immemorabile non si riscontrava nei partiti italiani così pronti ai veti incrociati, così attenti ai sondaggi. D’altronde, è estremamente difficile dire di ‘no’ a un personaggio di levatura internazionale come Draghi. Così tutto si è scompaginato. Sarebbe interessante andare a rileggere le tante interviste dei cosiddetti leader: “mai con il tal partito” o, dopo un’alleanza interrotta, “mai più con quello”.
Oggi, mentre scriviamo, le consultazioni di Draghi non sono ancora concluse. Si prospetta una maggioranza di governo che potrebbe andare da LeU alla Lega (con qualche incertezza per quest’ultima), passando per i vari partiti e movimenti che occupano gli spazi politici dal centro alla sinistra; più gli altri del Gruppo Misto. Si tratta della più grande maggioranza mai vista.

Il presidente della Repubblica, Mattarella, con il presidente del Consiglio incarica, Draghi

Questo risponde all’invito di Mattarella di formare un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica. La maggioranza che sosteneva Conte ha dato immediatamente la sua disponibilità, anche se per convincere i più riluttanti tra i grillini, entrati in fibrillazione in seguito all’adesione della Lega, ha dovuto scomodarsi lo stesso Beppe Grillo.
La presenza di Salvini, che non poteva ignorare la spinta della base e il rischio di essere estromesso da un governo che ha tutte le possibilità di operare per il bene del Paese, ha creato non pochi disagi nel M5s e nel Pd: collaborare con i nemici recenti o con i nemici di sempre non sarà facile.
La coabitazione tra partiti che non hanno nulla in comune non sarà facile, anche se la personalità del presidente incaricato è sicuramente capace di tenere in riga anche i più riottosi. I problemi, tuttavia, non mancheranno poiché i “prestiti” dell’Europa sono condizionati a riforme rinviate da tempo immemore: la giustizia, la pubblica amministrazione, la sanità, la scuola, le pensioni, il mondo del lavoro, la green economy, la digitalizzazione; senza contare la pandemia….
Tutti problemi che esigono un cambio di passo. Il primo giro di consultazioni ha visto il balletto delle proposte giocato sui tatticismi per salvare la faccia. Ora si tratta di giocare sul serio e di dimostrare che la volontà di mettersi al servizio del Paese non è fatta solo di parole ma anche di rinunce, di scelte dolorose per la propria parte. Non sarà forse un governo lacrime e sangue, ma sicuramente ci saranno sacrifici da sostenere viste la criticità della situazione economica, la povertà in crescita, la prospettiva di una ulteriore perdita di posti di lavoro, oggi tenuta a freno dal blocco dei licenziamenti.
Si spera che questo sia possibile, ma qualche dubbio sulla tenuta dello spirito di servizio al Paese ci può stare. In questi anni si sono visti troppi voltafaccia. Non ultimi quelli riguardanti l’europeismo. La scarsa simpatia dei cinquestelle per l’Europa, vista come potere economico e finanziario, è nota.
Che dire di Salvini? Non è lontano il tempo in cui inneggiava a Trump, portabandiera riconosciuto dei sovranisti. Entrare nel governo significa dare via libera a quel Recovery Fund che Lega e Fratelli d’Italia a Bruxelles non hanno votato. Qualche dubbio è legittimo. (Giovanni Barbieri)

I meriti di Giuseppe Conte

Comunque la si pensi sulla sua personale parabola politica, non c’è dubbio che Giuseppe Conte si sia trovato a gestire l’evento sociale più drammatico dell’intera storia repubblicana. Il 9 marzo di un anno fa il governo italiano fu il primo in Europa a decretare un confinamento sociale generalizzato mai visto prima.
La conferenza stampa in cui Conte, con volto terreo, annunciava le misure restrittive in diretta tv e social, rimarrà a lungo nella memoria collettiva. Sembrava un provvedimento esagerato invece, da lì a poche settimane, l’intero Continente seguì le coraggiose misure italiane, mentre molti italiani continuavano a minimizzare la portata dell’epidemia di Covid-19, compresi leader politici che accusavano il governo di “dittatura sanitaria”, indossando per mesi le vesti dei negazionisti.
La comunicazione istituzionale caotica, la poca logica di alcuni provvedimenti, il folle “liberi tutti” estivo e l’impreparazione alla seconda ondata autorizzano a dire che non tutto è stato gestito al meglio, in particolare nei rapporti con le Regioni, soprattutto quelle amministrate dai partiti all’opposizione.
Ma con altri presidenti del Consiglio, sicuramente sarebbe andata molto, molto peggio e l’Europa – in relazione alla quale il premier fu accusato di “lavorare con il favore delle tenebre” per distruggere l’Italia – non avrebbe elargito quei 209 miliardi che ora tutti vogliono gestire: oggi che Giuseppe Conte è dimissionario, è doveroso riconoscere i suoi sforzi ed i suoi meriti. (d.t.)

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