È stata abbattuta la Villa Ceppellini

Sabato scorso le ruspe hanno demolito quel che restava nell’area dell’ex cementificio

La Villa Ceppellini vista da sudovest
La Villa Ceppellini vista da sudovest, prima dell’abbattimento

La Villa Ceppellini non c’è più. Quel che restava della dimora signorile ottocentesca inglobata nell’area dell’ex cementificio è stata abbattuta dalle ruspe nel pomeriggio di sabato scorso, 23 gennaio: al suo posto oggi un cumulo di pietre e domani un nuovo, grande capannone da 1.400 metri quadrati a destinazione commerciale che affiancherà così il supermercato costruito sulla superficie che aveva ospitato la fabbrica della Cementi Pontremoli. Non resta così più nulla di visibile della memoria di un’area che per secoli è stata punto di riferimento per Pontremoli: qui fin dal XVI secolo si erano insediati i frati Cappuccini e, dopo il loro trasferimento, era stata costruita la Villa che nella seconda metà dell’Ottocento fu la dimora della benestante famiglia Ceppellini. Il terreno tra la strada statale e la collina aveva visto l’insediamento industriale del cementificio che, tra alterne vicende, in oltre mezzo secolo di attività aveva dato lavoro a centinaia di persone: la Villa Ceppellini era rimasta all’interno del perimetro industriale, prima ai margini delle lavorazioni, poi proprio al centro del piazzale tra i grandi silos e il via vai dei camion.

I ruderi della villa Ceppellini dopo l’abbattimento dell’antica struttura

La crisi, l’abbandono, la vendita, infine l’acquisto e la trasformazione dell’area a destinazione commerciale. Quella Villa, danneggiata e ormai ridotta a rudere, era diventata un ingombro: due anni fa il Consiglio Comunale di Pontremoli (con un solo voto contrario) l’aveva declassata da “edificio di interesse architettonico” a “rudere” aprendo così la strada alla demolizione. Lo avevamo anticipano nel novembre 2019: il declassamento consentiva agli imprenditori che avevano acquistato l’area di modificare il contenuto della prima convenzione stipulata con il Comune e che prevedeva il restauro dell’edificio. Resta la sensazione che, con una diversa gestione dei rapporti tra Comune e investitori privati, si sarebbe potuta conservare una traccia del passato recente della città. La porta carraia del cementificio poteva diventare l’ingresso al centro commerciale? La facciata della Villa poteva essere simbolo di un insediamento meno anonimo? Interrogativi che svaniscono in fretta come la memoria. (p.biss.)