Da sempre il Natale è collegato alla festa e alla gioia, ma quest’anno queste due categorie non possono non fare i conti con il clima di preoccupazione legato al momento che stiamo vivendo. Dal punto di vista individuale, siamo convinti che i cristiani non si faranno travolgere dal dramma e che, in occasione della ricorrenza sapranno, comunque, trovare in sé le ragioni di una gioia che prevale sulle angosce di un particolare momento storico.
È avvenuto così, lo sappiamo in base alle testimonianze, nelle trincee della Prima guerra mondiale, nei campi di concentramento della Seconda, nelle case di entrambi i periodi, con le famiglie in lutto per la morte di un padre, un fratello. Un momento di felicità è pure apparso in altri periodi storici segnati da una miseria feroce. Per chi non crede e si adegua al clima di festa laico – oggi diventato consumistico – che si respira per tutto il mese di dicembre e fino al 6 gennaio vale un po’ la stessa considerazione: ci sono stati sicuramente momenti peggiori di questo, con la vita messa in pericolo “solo” da un virus e non da situazioni causate dalla follia umana.
Detto questo, non si può negare che ci siano due numeri che pesano molto sul nostro presente e anche sul nostro futuro: più di 60.000 morti per causa del Covid-19 in Italia dall’inizio dei contagi; un milione – approssimando – di posti di lavoro persi. A fronte di ciò, sembra assurdo che si possa ancora discutere di cosa fare e non fare a Natale e a Capodanno, tirando il più possibile la coperta verso l’allentamento delle restrizioni.
Ma ancora di più fa specie che istituzioni e forze politiche possano scegliere proprio questo momento per segnare i territori, allargare le proprie zone di influenza, arroccarsi su posizioni che rischiano di mettere in grosse difficoltà il Paese. Nessuno vuol negare il diritto al dibattito e persino allo scontro dialettico: sono l’anima della democrazia e non si può rinunciare ad essi senza rinunciare a quest’ultima.
Della mancanza di vere proposte alternative da parte dell’opposizione si è scritto più volte; in questo momento saltano, però, agli occhi le contraddizioni all’interno della maggioranza.
Dalla fola del rimpasto ai veti sul Mes, alle contestazioni sul Recovery fund, fino alla legge di bilancio è tutto un susseguirsi di minacce alla stabilità di un governo che in questa virtù non ha mai brillato. Nato come è nato, il Conte bis è al momento l’unica possibilità per il Paese di avere un governo, a meno che qualcuno non pensi di lasciare l’Italia senza esecutivo e con il Parlamento bloccato per due o tre mesi, in attesa di elezioni politiche.
Uscire da questa empasse non è facile ma se i rappresentanti dei cittadini che siedono in Parlamento volessero dare prova di meritare il consenso ricevuto, quello sì sarebbe un bel regalo di Natale!
Antonio Ricci