Se nella vita normale dopo un periodo di intensa attività si dà quasi per scontato che ci si possa concedere un po’ di respiro, così non funziona in politica, almeno in questo nostro tempo in cui le dichiarazioni ponderate e i discorsi preparati con cura sono stati sostituiti dai messaggi usa e getta diramati attraverso i social senza nemmeno la possibilità di esercitare un minimo di riflessione.
Non vogliamo, qui, fare l’elogio della durata del discorso di Aldo Moro all’VIII Congresso DC di Napoli ma di certo non sarebbe male se qualcuno riuscisse a trovare il freno che possa rallentare il flusso dei fatti politici.
Così, nella stessa giornata di lunedì 21, mentre gli specialisti ancora cercavano di interpretare i dati usciti dalle urne, la politica aveva già voltato pagina e si apprestava ad affrontare il menù dei prossimi mesi. Un menù tutt’altro che di riposo, se è vero che all’ordine del giorno incombono problemi di ardua soluzione e di vario argomento.
Su tutti – e qui l’accordo è pressoché unanime – prevalgono i temi economici: la nuova legge di bilancio e, soprattutto, la definizione del piano per la richiesta e l’utilizzo dei finanziamenti europei con, a lato, la questione del Mes. Obiettivo: dare respiro all’economia messa in ginocchio dalla pandemia e, di conseguenza, affrontare le emergenze sociali, cominciando da quella del lavoro per arrivare al sostegno ai più disagiati. Poi c’è il campo istituzionale. Il risultato del referendum è inequivocabile, ma può anche essere letto come un invito alla ragionevolezza per entrambi i fronti politici.
Che senso ha pretendere di sfruttare la vittoria del ‘sì’ quando è palese che non si possa parlare di delegittimazione del Parlamento per il fatto che così, da sola, la riduzione dei parlamentari, pur essendo legge, non può essere applicata?
Un segno di ragionevolezza, per esempio, starebbe nell’impegnare le forze di maggioranza e opposizione nel completamento di un percorso riformatore coerente con questo primo risultato, non andando a colpi di fiducia per sostenere lo status quo o di piccone per demolirlo senza alternative reali e valide.
O c’è qualcuno che pensa che al Paese possa giovare una crisi al buio o addirittura altri sei mesi di campagna elettorale senza un governo in grado di svolgere al meglio la sua funzione?
Il bisogno di responsabilità, quindi, riguarda tutti. Il governo, che non può sperare di farla franca nel caso non riuscisse a definire un progetto credibile di ripresa; le opposizioni, che non possono continuare ad avere di mira solo la caduta dell’esecutivo e devono decidersi a dare un contributo all’abbassamento dei toni.
I cittadini, per quanto era in loro potere, hanno fatto la loro parte, sostenendo l’avvio di serie riforme istituzionali e dando alla maggioranza una iniezione di fiducia che solo degli sprovveduti potrebbero gettare al vento.
Antonio Ricci