Olio, l’oro verde

Anche per la Lunigiana è una realtà antica e preziosa.
Quest’anno una produzione estremamente scarsa a causa del clima e delle malattie

43olive1La mitologia racconta come sia stata Atena, figlia di Zeus, a piantare il primo ulivo; per millenni l’albero avrebbe garantito un frutto – le olive – dal quale trarre un prodotto – l’olio – che poteva essere utilizzato per l’alimentazione, la cura del corpo e per alimentare lucerne e lampade per illuminare il buio. In epoca moderna questo straordinario prodotto della natura è diventato un vero e proprio “oro verde” che negli ultimi decenni ha conosciuto un rilancio e uno sviluppo anche nel nostro territorio, con straordinari risultati per qualità e caratteristiche.
Ma già nell’Ottocento vi erano in Lunigiana aree particolarmente vocate, nelle quali la produzione di olio di oliva rappresentava una importante fonte di sostentamento. Nel “Calendario lunense per l’anno 1936”, ad esempio, si legge come a Pontremoli si fossero prodotti 450 barili e a Caprio 208; possiamo esemplificare calcolando che tre “barili” sommassero circa un quintale. Dunque una produzione non trascurabile, ma largamente insufficiente che non riusciva a coprire neppure la metà del fabbisogno locale! Del resto, più o meno nello stesso periodo, a Fivizzano la produzione era di ben 3.644 barili e quella di Casola di 1.133: i due territori avevano un’eccedenza di produzione di circa tre mila barili, che poteva dunque essere “esportata” là dove vi era richiesta.
43olive2Nella sua “Monografia storica ed agraria del circondario di Massa Carrara compilata fino al 1881”, Raffaello Raffaelli ci spiega come “gli olivi sono assai belli nel Massese, Carrarese, nel Montignosino ed anche in molte parti della Lunigiana, come nel Fosdinovese, a Monti, a Licciana, ad Albiano di Val di Magra, Antognano, Pugliano ed in altri paesi del Fivizzanese, ove la coltura di questo albero si fa abbastanza diligentemente, quantunque non gli si dia tutta la quantità né la qualità di concime che a ben produrre richiederebbe”.
E ci spiega anche quale sia la migliore miscela per una concimazione ottimale: “si prestano meravigliosamente le unghie e le corna triturate, gli stracci di lana, i letti dei bigatti, il concio pecorino e caprino, i guano etc…”. Una produzione esposta – soprattutto oggi – alle malattie e – da sempre – a rischio per i capricci e i rigori del clima lo stesso Raffaelli ricorda come “nell’anno 1846, essendo sceso il termometro a 6 gradi sotto lo zero, non solo si perse il raccolto, ma seccarono anche le piante e per molti anni non si ebbe alcun frutto da quegli oliveti”.
In epoca ben più recente, tanti ricordano la terribile gelata del 1985 che fece strage di ulivi in tutta la Lunigiana! Il garfagnino Raffaelli ci regala anche un proverbio: “colui che lavora ai piedi dell’olivo addomanda il frutto; colui che lo ingrassa l’attende; ma quello che lo pota l’obbliga a produrlo”, per sottolineare che “la potatura e la ripulitura delle piante è cosa essenzialissima e deve essere regolata da una pratica intelligente e razionale”.

Per l’olivo un’annata difficile con una scarsa produzione di olio

43oliveOrmai è noto da qualche tempo: l’annata 2019 non sarà certo ricordata per la produzione di olio. Anzi. Dal maltempo di maggio con temperature ben al di sotto della norma fino alle malattie che hanno attaccato l’olivo nei mesi successivi le condizioni sono state tutte avverse alla produzione di olio. Così il prezioso extravergine che nelle “annate buone” esce verde e fruttato dai frantoi locali quest’anno è davvero scarso.
Ce lo conferma Paolo Lucchetti, dell’azienda “Lucchetti Ferrari”: 1.500 piante a Pontremoli, altre 500 a Querceta: “Chi, come noi, lavora in modo professionale tutto l’anno alla cura dell’oliveto forse è riuscito a produrre il 50% della quantità di un’annata normale, ma ci sono molti produttori che lamentano produzioni vicine allo zero”.
Tra questi molti “hobbisti”, tutti coloro cioè che part time, dopo il lavoro o da pensionati, si dedicano al proprio appezzamento di olivi. Soprattutto gli attacchi della mosca olearia ha scoraggiato i più, che hanno lasciato sugli alberi i pochi frutti giunti a maturazione.

(p.biss.)