Lunedì 11 febbraio la 27.ma edizione. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” è il tema della Giornata. La lettera di don Cappè ai sacerdoti della diocesi
In una lettera inviata ai sacerdoti per la XXVII Giornata mondiale del malato, il responsabile diocesano della pastorale della Salute, don Cesare Cappè, ricorda, ispirandosi a Papa Francesco, che “i nostri gesti di dono gratuito, nei confronti delle persone sofferenti, sono la via più credibile dell’evangelizzazione”. E per questo, a nome dell’Ufficio pastorale, rivolge un sentito ringraziamento “a tutti coloro che operano in questo settore della pastorale sanitaria, di assistenza ai nostri ammalati e alle persone anziane sole e in difficoltà”. Il tema della giornata è “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
“Ora se è vero – rileva don Cesare – che la cura dei nostri ammalati ha bisogno di una seria professionalità, tuttavia non si può fare a meno di gesti semplici di tenerezza con i quali farli sentire importanti e cari”. Invita, inoltre, a prendere parte, lunedì 11 febbraio, alla celebrazione diocesana Giornata mondiale del malato che si terrà nel Santuario della Madonna dei Quercioli a Massa. L’inizio è previsto alle 16 e sarà presente il vescovo Giovanni Santucci.
Questa giornata della malato rappresenta anche un momento di aggregazione e di comunione tra tutti coloro che hanno a cuore la pastorale della salute e si spendono in questo delicato settore dell’evangelizzazione. In preparazione all’incontro, lo stesso sacerdote ha scritto una riflessione sul valore della vita umana che riportiamo qui di seguito.
“La visione cristiana dell’uomo riconosce in ogni persona il ‘volto di Dio’. In questa prospettiva, riconoscere il valore della vita significa, in concreto, non considerare mai l’uomo come una cosa, non ridurlo mai ad un numero entro una serie anonima. Sarebbero tutti modi che depersonalizzano l’uomo, lo squalificano nella sua dignità personale. È un valore tale che non viene né eliminato, né compromesso dalle differenti condizioni di età, di salute e di stato sociale. La dignità personale rimane identica nel bambino e nell’adulto, come nell’anziano e nell’ammalato. Non sopporta discriminazioni in base al tempo e alle condizioni di salute o di malattia. L’ammalato, poi, in tante situazioni viene praticamente ‘emarginato’ da tanti aspetti e forme di convivenza, aggravando così il senso della sua inutilità quando non si giunge ad una concezione di giudizio, per non dire di peso e di danno, nella società stessa. Un altro aspetto della vita umana che vale la pena di tenere sempre presente è la considerazione della sua globalità. Cioè voglio dire e richiamare che l’essere umano non si configura a compartimenti stagni separati, ma come unità psicofisica. È questa la visione dell’uomo accolta e riportata dalla Bibbia. È evidente che prima di tutto dobbiamo preoccuparci di ricostruire l’uomo, la sua visione cristiana nelle coscienze, di diffondere con coraggio una nuova cultura della vita. Del resto è stata l’anima profetica della Chiesa di tutti i tempi e di persone che sono emerse nei nostri giorni nel sociale come Raoul Follereau, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta, Helder Camara, Oscar Romero e tanti altri che hanno avuto nel cuore l’uomo e la sua difesa con i fatti e con la vita. Il Santo Padre Francesco ha invitato tutta la Chiesa, nel suo discorso al convegno ecclesiale di Firenze, il 10 novembre 2015, a non rimanere rinchiusa in un groviglio di procedimenti e di abitudini e aggiunge che siamo tutti chiamati ad andare tra la gente a leggere i bisogni reali nel campo della malattia e della vecchiaia, privilegiando i poveri e coloro che sono disprezzati e dimenticati. La vita umana è un bene che non può essere lasciato in balia di false concezioni di opportunismo politico e neppure nella solitudine e nell’abbandono. Continuamente sentiamo parlare di crisi delle strutture sanitarie e dell’intero servizio nazionale perché, si dice, ‘mancano le risorse’. In realtà ciò che scarseggia è il senso della vita e al valore della stessa dobbiamo tutti scoprirci strumenti dell’amore di Dio”.