Anniversari. Il 28 luglio di 90 anni fa rimase ferito nella esplosione del suo stabilimento. Morì il 18 agosto 1928
Nella prefazione al libro di Gianni Bianchi su Flavio Torello Baracchini Un fulmine dal cielo, Alberico Varoli assicura di non aver alcun merito per essere interpellato in merito all’aviatore asso della Prima Guerra Mondiale, se non quello di esserne il nipote e di conservarne la memoria. Non è poco.
Quando Alberico nacque, l’aviatore era morto già da alcuni anni; ma ne conosce la storia anche nei particolari meno noti e le gesta fin nei più piccoli dettagli. Parlarne con lui è confrontarsi con tali e tanti aneddoti che si riesce a fatica a seguirne lo svolgimento. Ma quello che emerge è soprattutto quanti sentimenti e quanta emozione abbia lasciato il rampollo di quei Baracchini che a Villafranca avevano impiantato una redditizia impresa.
Nato per volare. Quell’eroe dell’aria che era davvero l’Asso degli Assi
Flavio Torello Baracchini nasce a Villafranca il 28 luglio 1895: si diploma all’Istituto Tecnico della Spezia ma a 19 anni è già sotto le armi, volontario nella Grande Guerra. Telegrafista, appena legge che si cercano piloti per la nuova flotta dell’aria che si sta allestendo chiede il trasferimento. A Venaria Reale si distingue: ottiene il brevetto di pilota da guerra all’inizio del 1916 e un anno dopo quello di pilota da caccia. Alla fine di marzo del 1917 inizia una carriera folgorante: la prima vittoria viene annotata il 15 maggio: in breve ne seguiranno altre 8 che gli valgono i titoli sui giornali nazionali e la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Più volte ferito riesce sempre a tornare a volare fino alla pallottola che lo raggiunge il 26 giugno 1918. La convalescenza si conclude a guerra ormai finita. Si congeda con il grado di capitano e riceve in dono un Hanriot con il quale continua a volare. Le sue vittorie sono 31: è l’Asso degli Assi dell’aria; ma nonostante un “bollettino Diaz” avesse ratificato gli abbattimenti, all’inizio del 1919 gliene vengono tolti ben 10. Dopo il conflitto commercia in motori e aerei, poi impianta a Roma lo “Stabilimento Pirotecnico Baracchini” dove produce razzi da segnalazione. Il 28 luglio 1928 viene ferito gravemente dall’improvviso scoppio di una caldaia: le profonde ustioni che ha su tutto il corpo provocano una setticemia che lo porta alla morte il 18 agosto. Pochi giorni dopo si svolgono i funerali di stato a Roma: la salma è sepolta nel cimitero del Verano. Sarà tralsata a Villafranca nel 1965.
“È sempre stato un ragazzo esuberante e pieno di coraggio – racconta Alberico – Già poco più che bambino si tuffava dal ponte vecchio di Villafranca in un laghetto che avrebbe scoraggiato tutti”. La sua grande passione erano i motori e l’aviazione: riuscì a soddisfarla prima sui polverosi campi volo dell’addestramento in Piemonte e, soprattutto, nei cieli della Prima Guerra Mondiale in un’epopea interrotta solo da un fortunato colpo sparato da terra mentre passava a bassissima quota sulle truppe austriache.
Terminata la guerra e rimessosi in fretta da quella ferita che avrebbe potuto essergli fatale, continuò a volare: il suo aereo era sempre pronto a Luni, per lui così impegnato in una spola frequente tra Roma e Villafranca. “Dalla mamma Zaira veniva spesso – spiega Varoli – e il treno a Villafranca si fermava per Flacio Torello anche quando non avrebbe dovuto”. Era un eroe nazionale non solo per quella Medaglia d’Oro al Valor Militare meritata nel 1917 nei cieli del Carso; era soprattutto un eroe popolare, per tutti l’asso degli assi: “quando entrava in un qualsiasi teatro del Regno lo spettacolo o il concerto veniva interrotto e l’orchestra intonava la Marcia Reale”.
Varoli sottolinea anche come quello zio non avesse alcuna ambizione politica o di carriera: gli bastava l’aria sotto le ali del suo aereo. Eppure avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa.
Per capire meglio quanto fosse conosciuto e stimato nei vertici dello Stato basta un aneddoto: a Roma il 4 novembre 1921 è in corso la cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria. La bara viene portata a spalla, a turno, da militari decorati di Medaglia d’Oro: tra questi anche Baracchini che “presta” la sua spalla per il tratto assegnatogli al termine del quale, passato il feretro ad altri, “si sente preso per un braccio – racconta Varoli – e quando si volta vede che si tratta del Re, che lo vuole al suo fianco per il resto della cerimonia”. Vittorio Emanuele III lo tenne sempre in grande considerazione, anche quella volta che fu a Villafranca per alcune esercitazioni militari e visse quelle ore a stretto contatto con lui e il resto della famiglia che all’epoca annoverava anche il Podestà, quell’Enea che prima di essere nominato dal Regime era stato sindaco eletto dalla popolazione: quel giorno il Re lo nominò commendatore.
I Baracchini erano arrivati in Lunigiana da Zara: Leonida si stabilì prima a Terrarossa, poi a Villafranca dove il nome della famiglia è legato non solo all’aviatore, ma anche a quel palazzo lungo la via Nazionale all’ingresso del borgo. Qui i Baracchini vivono, ma soprattutto impiantano un’azienda alimentare così importante e fortunata da soffrire per la mancanza di manodopera seguita alla tragedia della Grande Guerra; così dei tre negozi due devono essere chiusi e la Zaira (moglie di quell’Ulisse Baracchini che aveva raccolto il testimone dal padre Leonida e che aveva visto partire per il fronte della Grande Guerra due figli: Livio e Flavio Torello, quest’ultimo volontario) iniziò a produrre dolci e biscotti, poi caramelle, cioccolato e infine liquori.
La “Zaira Baracchini e figli” conobbe in fretta la crescita dal piccolo commercio alla dimensione industriale: piano terra, seminterrato e parte del primo piano del palazzo ospitavano laboratori e confezionamento. Con pochi uomini disponibili toccò alle donne garantire lavoro e produzione.
Gli anni duri del secondo conflitto mondiale e quelli del dopoguerra decretarono lo spostamento dell’attività alla Spezia: troppo vicini al Regime, sostenitori della prima ora di Renato Ricci (ma non Flavio Torello che si era schierato dalla parte di Ettore Viola) impiantarono una nuova e più grande industria prima nella zona dello stadio spezzino, poi a Migliarina dove nasce la “Baracchini biscotti spa”.
Ma questa è un’altra storia: quella dell’eroe dell’aria si era tragicamente interrotta già da venti anni.
Paolo Bissoli