La prolusione del card Bassetti al Consiglio permanente della CEI: uno sguardo anche sulla situazione generale del Paese
In questi giorni si è svolta la sessione invernale del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana: secondo consuetudine, il presidente, il card. Gualtiero Bassetti, ha aperto i lavori con una prolusione che ha gettato uno sguardo sulla vita della Chiesa e sulla situazione generale del Paese. I problemi toccati non sono pochi: immigrazione, dibattito elettorale, mancanza di lavoro, allargamento delle fasce di povertà, famiglia, giovani…
Consapevole della difficoltà del momento, il cardinale non lesina una analisi impietosa, ma al contempo densa di speranza. “La nostra lettura del libro del mondo non è in alcun modo quella dei politici, degli scienziati o degli intellettuali, ma è quella dei pastori che si impegnano a discernere questo libro alla luce di Cristo”. Per questo è importante cercare di capire i segni dei tempi.
Il discorso del presidente del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale è contrassegnato da molte citazioni. Si va da Paolo VI, a Papa Francesco, a Benedetto XVI, al Concilio Vaticano II, a Giorgio La Pira, a Romano Guardini. “Oggi vanno riformulati tre verbi che guideranno l’azione pastorale del prossimo futuro: ricostruire, ricucire e pacificare. Da ciò derivano tre urgenze. “C’è una urgenza morale di ricostruire ciò che è distrutto… l’Italia è il Paese di una bellezza prodigiosa… però estremamente fragile”. Ricostruire le case dei terremotati significa ridonare un futuro alle famiglie colpite, ma vuol anche dire “ricostruire la speranza per l’Italia intera”.
“C’è una urgenza spirituale di ricucire ciò che è sfilacciato” nella comunità ecclesiale e nella società. Per la Conferenza Episcopale c’è necessità di ricucire un tessuto di rapporti interpersonali e sociali cercando ciò che unisce, anche se troppo spesso si sottolineano soltanto gli elementi negativi della realtà. Infine, “c’è una urgenza sociale di pacificare ciò che è nella discordia. Il nostro Paese sembra segnato da un clima di “rancore sociale”, alimentato da una complessa congiuntura economica, da una diffusa precarietà lavorativa e dall’emergere di paure collettive”. C’è da intraprendere sentieri di pace, da abbattere il “muro della diffidenza”, da costruire ponti di dialogo. Di fronte alle tematiche delle migrazioni internazionali la Chiesa non ha incertezze, si è sempre presa cura dei poveri, degli “scartati”, degli “sconfitti della storia”. “I poveri, tutti i poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla, appartengono alla Chiesa per diritto evangelico, come disse Paolo VI. In virtù di questo, e non certo in nome di una rivendicazione sociale, ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e di compassione”.
Bisogna perciò reagire alla cultura della paura, anche se talvolta comprensibile, e mai tramutarla in xenofobia. Lo sguardo si sposta poi sui temi di attualità. Il lavoro da tempo è richiamato dai Vescovi come una delle priorità irrinunciabili, soprattutto in tempi difficili come questi: “Creare lavoro, combattere la precarietà, rendere compatibile il tempo del lavoro con il tempo degli affetti e del riposo” ha sottolineato al Consiglio della Conferenza Episcopale.
Uno sguardo particolare è rivolto alla famiglia. Siamo in tempo elettorale e forse è anche per questo che tutti i partiti si sono affrettati a condividere il “Patto per la natalità” presentato dal Forum delle Associazioni Familiari. Sembra comunque che qualcosa si metta finalmente in movimento sul fronte famiglia, quindi anche della natalità, favorendo una politica che tenga conto delle sue necessità reali.
L’ultima parte della prolusione è dedicata agli uomini politici, soprattutto ai cattolici impegnati in politica. Dato lo scarso appeal che in questo momento ha la politica e dato il rischio di grande evasione dal voto il cardinale sottolinea “il valore morale e democratico del voto”, richiamando quindi anche al dovere di partecipazione alle elezioni. Nel frattempo chiarisce che “la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico” anche se cerca il dialogo con tutti, non per avere privilegi o per dividere “la torta”, ma “per cercare il bene per tutti”.
La politica deve essere intesa come una vocazione per la costruzione della casa comune, non come un trampolino di lancio verso il potere. La sobrietà dovrebbe contrassegnare l’azione politica, sobrietà che dovrebbe evitare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere; la politica dovrebbe, quindi, essere ammantata di “spirito di servizio” e di aver cura dei poveri e della difesa della vita.
Giovanni Barbieri