Migranti, i governi dell’Ue fanno orecchie da mercante

Profughi: la procedura dei “ricollocamenti” non sta funzionando

migrantiA parole sono tutti solidali con Roma. Ma poi i migranti sbarcati sulle coste della Penisola restano in Italia, che si deve giustamente far carico di salvare chi fugge da guerra, fame, persecuzioni, cambiamenti climatici e organizzare l’accoglienza a breve termine e l’integrazione di medio-lungo periodo. Così stabiliscono gli accordi di Dublino e il diritto internazionale; così impone l’egoismo di tanti altri Paesi europei. La scorsa settimana è stata emblematica in tal senso.
A fronte di crescenti arrivi, i vertici Ue, il Parlamento e la Commissione Ue, hanno riaffermato la necessità di sostenere i Paesi di primo approdo: Italia e Grecia. Poi, il 17 maggio, è arrivata la relazione dell’Esecutivo di Bruxelles sui cosiddetti “ricollocamenti”: i vari Paesi (per decisione assunta in sede di Consiglio europeo nell’estate 2015) avrebbero dovuto farsi carico di 160mila profughi ospitati in Italia e Grecia, ma ad oggi il conto si ferma a 18.418 (5.711 dall’Italia e 12.707 dalla Grecia). Dato che il piano di ricollocamenti dovrebbe chiudersi a fine settembre, mantenere gli impegni sarà impossibile. Anche perché la maggior parte dei governi erige muri per le più diverse ragioni: Ungheria e Polonia non vogliono tra i piedi i migranti; altri hanno preso in carico poche unità chiedendo di operare una “scelta di qualità”: donne sì, uomini no; cristiani sì, musulmani no…; altri ancora hanno lasciato a metà il proprio compito; la Repubblica Ceca da un anno ha sospeso ogni impegno.
I Paesi “generosi” si contano sulle dita di una mano, con in testa la Germania; gli unici che hanno adempiuto totalmente ai loro obblighi sono Finlandia e Malta. Dimitris Avramopoulos, commissario responsabile per la migrazione, sprona chi ha omesso di rispettare gli obblighi concordati: “Il successo del meccanismo di ricollocazione non può dipendere solo da alcuni Stati membri. La solidarietà in termini giuridici, politici e morali non può essere interpretata in modi diversi” e aggiunge che “Ungheria, Polonia e Austria rimangono gli unici Stati membri che non hanno ancora ricollocato alcuna persona”.
L’Austria, almeno, ha fatto sapere che provvederà a ricollocare 50 persone dall’Italia. Il 18 maggio, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui richiama con forza i governi a fare la loro parte, non escludendo l’attivazione di procedure d’infrazione contro i Paesi recalcitranti, sottolineando che le misure di ricollocazione devono essere prorogate fino alla riforma del sistema d’asilo. Resta il fatto che l’Italia è ampiamente in credito verso l’Ue: governo, prefetture, comuni, volontariato e parrocchie devono fare i salti mortali per porgere la mano a chi ne ha bisogno. La solidarietà, che è alla base dell’Ue, vale solo quando si parla di Fondi strutturali tratti dal bilancio comunitario?

(G.B. – Agensir)