Domenica 5 febbraio la 39.ma edizione
Una civiltà che ha paura di generare diventa meno umana, pertanto non possiamo rassegnarci al triste primato della denatalità, specie nella parte che dipende dalla soppressione di nuove vite. Né possiamo accettare che i figli vengano accolti o respinti quasi fossero beni di consumo o che vecchi, ammalati, infermi siano emarginati come “merce scaduta”.
Educare al rispetto della vita significa ridisegnare le coordinate dell’esistenza, uscendo dalla cultura dello scarto e dell’efficientismo per favorire la dignità di ogni persona: dal primo momento del concepimento all’ultimo palpito, prima di lasciare il mondo.
In questo quadro, l’aborto permane una delle grandi piaghe che distruggono il progetto di vita di Dio. Madre Teresa di Calcutta, nel ricevere il Premio Nobel nel 1979, disse: ”Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del proprio seno, che cosa resta? L’aborto mette in pericolo la pace del mondo”.
Alla vista di Maria, il bimbo che Elisabetta portava in grembo, sussultò di gioia. Il Signore, nella sua onnipotenza, scelse un bimbo per affermare la venuta del suo Figlio. L’epoca attuale sembra spegnersi ai piedi di milioni di poveri e tribolati presenti nei vari continenti, in una Terra ormai spogliata di ragionevole vitalità e di rispetto nei confronti di ogni essere umano.
Da una tale condizione urge un nuovo umanesimo, accompagnato da gesti e scelte socio-politiche coraggiose, che garantiscano la tutela della vita. Il tessuto sociale, inteso nella sua globalità, è chiamato a recuperare il senso di doveri non rinviabili nei confronti dei fratelli meno fortunati, indifesi e calpestati. Ciascuno di noi deve farsi un esame di coscienza serio e fruttuoso per ricostruire comportamenti atti a spezzare la catena di morte che annulla progresso e civiltà.
Una giornata, quella voluta dalla Chiesa italiana la prima domenica di febbraio, dedicata alla vita per correggere insieme, credenti e non, tutto ciò che è contro l’uomo con il coraggio di “giocarci”, in modo costruttivo, la storia di cui facciamo parte.
Nel messagio di quest’anno i vescovi invitano a “sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati”. Per un mondo dove nessuno si senta escluso, solo, superfluo, emarginato, rifiutato. Nella convinzione che la vita è dono e prima meraviglia.
Ivana Fornesi